Stai buttando via un miracolo, l’acqua della mozzarella è troppo preziosa per finire nello scarico: cosa farci - ecoblog.it
Nel contenitore della mozzarella c’è più di quanto sembri: quell’acqua lattiginosa ha proprietà nutrizionali e può migliorare impasti, risotti e zuppe.
Quando si apre una confezione di mozzarella fresca, l’attenzione va subito al formaggio. Il liquido in cui è immersa, spesso, viene versato via nel lavandino. È un gesto abituale, ripetuto da milioni di persone ogni giorno, eppure rappresenta uno spreco evitabile. Quell’acqua, in realtà, non è semplice acqua, ma un siero di latte o una salamoia, derivata dal processo di produzione casearia. Ha un sapore marcato, un valore nutritivo reale e può essere impiegata in cucina per arricchire molti piatti.
Nel siero sono presenti minerali, proteine residue e vitamine. Non va bevuto direttamente, ma è utile in diverse preparazioni: l’impasto della pizza, una focaccia casalinga, un risotto ai funghi o una zuppa di verdure diventano più ricchi se al posto dell’acqua si usa una parte del liquido di conservazione della mozzarella. Serve solo prestare attenzione al sale, perché la base è già sapida. Il resto è questione di gusto e proporzioni.
Cosa contiene davvero l’acqua della mozzarella e come si conserva
Nel dettaglio, il liquido in cui si conserva la mozzarella è formato da acqua, lattosio, sali minerali e vitamine idrosolubili. Si tratta di un sottoprodotto della coagulazione del latte, separato dalla cagliata. Non è sterile né neutro, ma possiede caratteristiche nutrizionali e funzionali che lo rendono interessante in cucina. Sono presenti vitamine del gruppo B, in particolare B1 e B2, oltre a calcio, potassio e tracce di ferro.

Il liquido serve a mantenere la mozzarella idratata, ma anche a prolungarne la durata. Se la confezione viene aperta e non si consuma tutto il formaggio, è corretto conservare ciò che resta immerso nel suo stesso liquido, in frigorifero, in un contenitore a chiusura ermetica. In questo modo la consistenza e il sapore restano invariati per almeno 24-48 ore. Anche quando la mozzarella è terminata, il siero residuo si può tenere in frigo per 4-5 giorni, o congelare in piccoli cubetti da usare al bisogno.
La stessa regola vale per la burrata, che viene spesso confezionata in un liquido simile. In quel caso, la base è ancora più cremosa, ma può comunque essere impiegata con attenzione. Il liquido si può usare in dosi moderate in piatti dove si cerca una componente aromatica lattica ben riconoscibile, come in zuppe rustiche, risotti con formaggio o anche in marinate leggere per carni bianche.
Piatti in cui si può usare il liquido della mozzarella (e quando evitarlo)
L’acqua della mozzarella è perfetta per sostituire parzialmente l’acqua normale in ricette salate. Il suo impiego ha senso quando si vogliono ottenere impasti più morbidi e gustosi, o quando si cerca una nota sapida e lattiginosa. Nell’impasto per pizza, ad esempio, può amplificare l’aroma della pasta e contribuire a una lievitazione più equilibrata. Lo stesso vale per pane bianco, grissini, focacce, piadine o pane arabo.
Nei risotti, la sua presenza è utile se il piatto contiene formaggi o ingredienti lattici, come gorgonzola, stracchino o robiola. Non a caso viene spesso usata per arricchire il risotto ai funghi, perché il sapore della salamoia si sposa bene con il gusto terroso dei porcini. Anche alcune zuppe dense possono trarre beneficio dal siero, ma in quantità moderate. Il liquido va aggiunto poco alla volta, assaggiando e regolando la sapidità.
Nei brodi vegetali, in alcune creme di patate, in stufati leggeri, può dare corpo al piatto. Ma bisogna evitarne l’uso in piatti dolci, lievitati da pasticceria, o in ricette che richiedono liquidi neutri. Il siero, se troppo abbondante, può alterare sapore e colore del risultato finale. Va anche evitato se la mozzarella è stata conservata troppo a lungo, o se l’odore non è più fresco.
Conservare e riutilizzare questo liquido è un modo pratico per ridurre gli sprechi in cucina e valorizzare ogni componente del cibo acquistato. Una logica che si inserisce in un’ottica più ampia, quella di una cucina consapevole e rispettosa, anche nei confronti delle risorse che spesso ignoriamo.
