Contanti, stretta sui pagamenti: addio al limite dei 5mila, ma arriva una nuova tassa da 500 euro - ecoblog.it
Un emendamento alla legge di bilancio apre ai pagamenti in contanti oltre i 5.000 euro, ma introduce un’imposta di bollo da 500 euro. Nello stesso pacchetto, norme contro l’ultra fast fashion mirate ai colossi extra-UE.
L’uso del contante torna al centro del dibattito politico con un emendamento alla manovra finanziaria 2026 presentato da Fratelli d’Italia. La proposta, firmata dal senatore Matteo Gelmetti, prevede un innalzamento della soglia per i pagamenti in contanti fino a 10.000 euro, ma solo se accompagnati da una tassa fissa di 500 euro. Si tratta di una modifica all’attuale normativa, che dal 1° gennaio 2023 impone un tetto massimo di 4.999,99 euro per ogni transazione in denaro contante. Sopra tale limite, il pagamento deve essere effettuato con strumenti tracciabili.
Secondo i promotori, il nuovo schema intende offrire maggiore flessibilità a cittadini e imprese, pur mantenendo una forma di controllo fiscale. Il sistema sarà valido dal 1° gennaio 2026 e si applicherà a tutte le transazioni comprese tra 5.001 e 10.000 euro, sia per residenti che non residenti. L’imposta dovrà essere versata tramite contrassegno sulla fattura cartacea, da parte dell’acquirente. La misura si accompagna all’obbligo di emissione della fattura fiscale, così da consentire eventuali controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Contanti sopra i 5.000 euro: sanzioni attuali e novità dal 2026
La norma attualmente in vigore prevede che ogni pagamento pari o superiore a 5.000 euro debba avvenire esclusivamente con mezzi tracciabili. Questo include bonifici bancari, assegni non trasferibili, carte di credito, bancomat o piattaforme digitali. Il limite si applica a tutti i trasferimenti tra soggetti diversi, compresi prestiti, donazioni e pagamenti per beni o servizi. Le sanzioni per chi viola questo obbligo possono arrivare fino a 50.000 euro, con una soglia minima di 1.000 euro, e colpiscono sia chi effettua il pagamento sia chi lo riceve.

Con l’emendamento proposto da Fratelli d’Italia, invece, sarà possibile effettuare pagamenti in contanti anche oltre i 5.000 euro, ma fino al tetto massimo di 10.000, solo se accompagnati dal versamento di un’imposta di bollo pari a 500 euro. Questo balzello rappresenterebbe una sorta di “costo di legalizzazione” del contante sopra soglia. L’idea è quella di bilanciare la libertà di usare denaro liquido con un meccanismo fiscale che possa compensare il rischio di evasione.
Dal punto di vista tecnico, l’emendamento prevede che il pagamento dell’imposta venga certificato tramite un contrassegno apposto direttamente sulla copia cartacea della fattura, che l’acquirente dovrà fornire al venditore. Questo elemento diventa quindi obbligatorio ai fini della tracciabilità fiscale e rappresenta una forma ibrida tra contante e controllo tributario. La proposta mira, secondo i suoi sostenitori, a semplificare i pagamenti di alcune categorie professionali, in particolare nei settori dove l’uso del contante è ancora diffuso, ma sempre più sotto pressione normativa.
Un freno all’ultra fast fashion: controlli su Shein e Temu per qualità e diritti
Nel pacchetto di emendamenti firmati da Paola Ambrogio e dallo stesso Gelmetti, compare anche una proposta per regolamentare l’arrivo in Italia di capi d’abbigliamento prodotti da aziende extra-UE ad altissima velocità di ciclo. Il riferimento è esplicito: colossi digitali come Shein e Temu, che vendono online milioni di capi a prezzi bassissimi, sono nel mirino della misura.
L’obiettivo è imporre a questi player l’obbligo di fornire certificazioni internazionali su sicurezza dei prodotti, rispetto dell’ambiente e diritti dei lavoratori. Si tratta di una norma che punta a uniformare le regole del gioco tra produttori italiani e imprese estere, spesso accusate di violare standard minimi e di competere con condizioni inique. I criteri di controllo saranno stabiliti con un decreto ad hoc, da emanare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio, coinvolgendo tre ministeri: Giustizia, Ambiente ed Energia, Made in Italy.
L’intervento ha però subito una critica diretta dal Codacons, che definisce la misura in contrasto con le norme europee sulla concorrenza. L’associazione dei consumatori sostiene che questa stretta rischia di colpire solo alcune piattaforme, limitando di fatto la possibilità, per i cittadini, di accedere a prodotti economici. Secondo il Codacons, la proposta danneggia la libera concorrenza e potrebbe aumentare i prezzi per i consumatori finali, senza offrire garanzie sufficienti sull’effettivo miglioramento della sicurezza o della trasparenza produttiva.
Ma dal fronte politico si ribatte che l’obiettivo non è ostacolare il commercio internazionale, bensì costringere le aziende esterne all’UE a rispettare le stesse regole richieste alle imprese italiane. In gioco c’è una competizione considerata sleale, dove il vantaggio non nasce da innovazione o efficienza, ma da costi ridotti ottenuti attraverso scorciatoie normative o condizioni di lavoro discutibili.
