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L’Agenzia delle Entrate conferma l’esenzione fiscale sulla donazione della nuda proprietà se viene trasferito anche il controllo effettivo e mantenuto per 5 anni.
Nel passaggio generazionale delle imprese familiari, la donazione della nuda proprietà delle quote ai figli o al coniuge è una pratica sempre più diffusa. Soprattutto da quando, con il Dlgs n. 139 del 2024, il legislatore ha esteso le esenzioni fiscali a nuovi casi, alleggerendo il peso dell’imposta di donazione in presenza di precisi requisiti.
L’Agenzia delle Entrate, attraverso l’interpello n. 271 del 27 ottobre 2025, ha chiarito un nodo importante: anche la sola nuda proprietà può beneficiare dell’esenzione, se accompagnata dal trasferimento del controllo effettivo. Un’interpretazione che apre a scenari operativi più flessibili per chi vuole programmare con anticipo il passaggio dell’attività ai figli, pur mantenendo alcuni diritti come l’usufrutto o il diritto agli utili.
Quando la donazione è esente da imposta anche se il donante mantiene l’usufrutto
Il caso esaminato nel documento dell’Agenzia riguarda una madre che intendeva trasferire ai due figli la nuda proprietà del 95% delle quote di una società, trattenendo per sé l’usufrutto di quelle stesse quote e la piena proprietà del restante 1,30%. L’operazione sembrava non rientrare nelle esenzioni, perché mancava il trasferimento della piena titolarità. Ma nel contratto era stata inserita una clausola convenzionale che assegnava ai figli la maggioranza dei diritti di voto esercitabili in assemblea ordinaria. Questo dettaglio ha cambiato tutto.

Secondo quanto stabilito dall’articolo 3, comma 4-ter, del Testo Unico delle Successioni e Donazioni (Dlgs 346/1990), la donazione è esente da imposta se comporta l’acquisizione del controllo ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1 del Codice Civile, e se i beneficiari mantengono tale controllo per almeno cinque anni. Non serve che ricevano la piena proprietà: è sufficiente che possano esercitare la maggioranza dei voti.
Nel caso in esame, il passaggio di controllo è avvenuto in modo indiretto ma concreto, grazie alla convenzione che trasferiva il potere decisionale, anche se la madre conservava diritti rilevanti, come il veto su certe delibere o la partecipazione agli utili. L’Agenzia ha valutato questi vincoli come compatibili con l’esenzione, sottolineando che il controllo, per essere valido, deve essere effettivo ma non necessariamente assoluto.
La presenza di una comunione tra i due figli non ostacola l’agevolazione. L’Agenzia ha ricordato che in casi di comproprietà è sufficiente che i diritti vengano esercitati da un rappresentante comune, come previsto dall’articolo 2347 del Codice Civile. Nel caso concreto, uno dei due figli è stato incaricato di votare per entrambi, e così facendo ha assunto il controllo societario.
Il punto più importante è che il controllo non basta acquisirlo: va mantenuto per cinque anni, a partire dalla data dell’atto. Questo impegno deve essere formalizzato per iscritto, o nel rogito stesso o successivamente nella dichiarazione di successione. Se viene meno, decade il beneficio e scattano le imposte in misura piena, le sanzioni amministrative previste dall’articolo 14 del Dlgs 471/1997 e gli interessi di mora.
A quali società e situazioni si applica davvero questa esenzione
L’esenzione si applica non solo alle società italiane, ma anche a partecipazioni in imprese residenti in Paesi dell’Unione Europea, nello Spazio Economico Europeo o in Stati con scambio di informazioni adeguato, purché si rispetti lo stesso schema normativo. Il principio vale sia per le aziende, sia per rami d’azienda, quote sociali o azioni, e si estende anche ai patti di famiglia.
Ciò che conta davvero, anche secondo la nuova posizione dell’Agenzia, non è tanto la forma giuridica dell’operazione quanto l’effettiva trasmissione del potere gestionale. Il legislatore mira a favorire la stabilità aziendale, a evitare lo smembramento dell’impresa familiare, e a consentire il ricambio generazionale senza ostacoli fiscali.
Il controllo, nel senso tecnico, si realizza se il donatario può nominare o revocare la maggioranza degli amministratori, o se esercita una influenza dominante nell’assemblea. È questo che viene valutato, più che la percentuale nominale delle quote. Se queste condizioni sono rispettate, la donazione è fiscalmente neutra, anche in presenza di usufrutto, diritti patrimoniali trattenuti dal donante o clausole di veto.
Nel contesto attuale, la risposta fornita il 27 ottobre 2025 rappresenta una conferma operativa importante per i professionisti e per le famiglie. Rende chiaro che, attraverso una pianificazione ben strutturata, è possibile trasferire l’azienda ai figli in modo fiscalmente vantaggioso, senza perdere del tutto il controllo patrimoniale o il diritto agli utili.
È un’opportunità concreta, soprattutto per le piccole e medie imprese a conduzione familiare, che rappresentano l’ossatura produttiva del paese. E che, da oggi, hanno un margine in più per passare il testimone senza essere penalizzate dal fisco.
