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Inquinamento

Cina fra inquinamento e sviluppo: è il tempo delle scelte

Il Governo cinese ha varato un pieno quinquennale da 275 miliardi di dollari per la riduzione dell’inquinamento atmosferico

Non sono stati ancora raggiunti i livelli record dello scorso anno, ma a Pechino l’aria continua a essere irrespirabile. Quella che nelle immagini del video di apertura sembra nebbia è, in realtà, una densissima cortina di smog, così densa da indurre il Governo cinese a proiettare il tramonto su di un maxi schermo. Un bel tramonto rosso rubino che molti giovanissimi pechinesi probabilmente non hanno mai visto.

Gli ultimi dati in mano alla dirigenza del Paese più popolato del mondo hanno rivelato che in alcune province cinesi la quantità di sostanze tossiche emesse in atmosfera è 10 volte superiore al limite consentito: sono soprattutto le centrali elettriche a carbone, le fabbriche siderurgiche, i cementifici e le industrie petrolchimiche ad alzare il livello dei Pm2,5 nell’atmosfera. A Pechino la densità delle particelle Pm2,5 staziona stabilmente fra i 350 e 500 microgrammi per metrocubo e la notte del 16 gennaio 2014 ha raggiunto la soglia di 671 microgrammi, secondo quanto registrato dalla centralina presente nella sede dell’ambasciata statunitense. Si tratta di cifre altissime se si pensa che il livello di sicurezza fissato dall’Oms è di 25 microgrammi e che a Milano le iniziative di blocco al traffico e contrasto allo smog vengono innescate quando si tocca quota 50 microgrammi.

La città cinese maggiormente colpita dal fenomeno non è la capitale, ma Shanghai dove fra novembre e dicembre 2013 sono stati registrati valori compresi fra 600 e 700 microgrammi. Secondo l’autorevole Lancet 1,2 milioni di cinesi, nel 2010, sono morti a causa dell’inquinamento atmosferico, un dato che viene confermato dai dati del Governo cinese secondo il quale il cancro al polmone è la principale causa di morte per tumori maligni.

Lo scorso anno la Cina si è rimboccata le maniche è ha varato un piano anti-inquinamento da 275 miliardi di dollari che ha come obiettivo la riduzione del Pm2,5 a Pechino e dintorni.

Queste politiche si scontrano, ovviamente, con un’economia che ripropone gli schemi industriali dell’Occidente novecentesco in scala 1 a 10, in un contesto di sovrappopolazione. Per la Cina, a un bivio fra salute e sviluppo, fra ambiente e profitto, è il momento delle scelte. Nell’Occidente malato il bastone da infilare fra le ruote della locomotiva asiatica si chiama dumping: la Cina vince grazie alla concorrenza sleale, al vantaggio connesso al fatto di by-passare le regole sul rispetto dei protocolli ambientali.

In Cina tutto andava bene fino a poco fa. Si diceva: “Ok, prima era il vostro turno. Ora tocca a noi svilupparci a dispetto dell’ambiente”. Ora questo discorso sembra incrinarsi. Il ceto medio ha voglia di godersi i benefici del proprio lavoro e non vuole ritrovarsi i polmoni pieni di piombo. Da una parte c’è il business, dall’altra l’ambiente, probabilmente queste due forze di segno opposto potrebbero essere il presupposto per uno sviluppo maggiormente sostenibile. Ma la locomotiva asiatica è in grado di diminuire la propria velocità senza uscire dai binari?

Via | The Guardian

Video | Youtube

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