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Agricoltura

Monsanto contro un agricoltore dell’Indiana: gli occhi dell’America sulla sentenza della Corte Suprema

Apple e Microsoft appoggiano la multinazionale delle sementi geneticamente modificate: in ballo c’è la tutela del copyright

Una storia di ordinaria prepotenza arriva dall’Indiana, uno degli stati che rappresentano la spina dorsale dell’agricoltura Usa. La multinazionale Monsanto è in causa con Vernon Hugh Bowman “reo” di avere violato un brevetto sui semi di soia. Come? Dopo un primo raccolto di sementi geneticamente modificate, Bowman ha trattenuto una parte dei semi e li ha ripiantati. Per nove anni l’agricoltore ha beneficiato di rendimenti agricoli superiori grazie alle sementi progettate da Monsanto e il processo fra le due parti è arrivato alla Corte Suprema, l’equivalente della nostra Corte di Cassazione.

Negli States ne stanno parlando tutti, da Nature al New York Times; proprio a quest’ultimo giornale Bowman ha dichiarato che con i suoi 300 acri dedicati a soia, mais e grano, non merita di essere chiamato agricoltore.

L’imputato ha acquistato i semi da un fornitore locale e per nove anni ha violato i brevetti

si difende la società. Gli agricoltori statunitensi al momento della stipula del contratto si impegnano a non reimpiantare la produzione, tanto che per evitare violazioni Monsanto ha ideato il brevetto Terminator che, dopo il primo raccolto, dà semi sterili, dunque non in grado di essere riutilizzati.

Il sistema dei brevetti degli Stati Uniti ha giocato un ruolo fondamentale nel favorire l’innovazione e stimolare lo sviluppo di molti settori vitali del nostro paese

, ha dichiarato Daniel Snively, vice presidente esecutivo della Monsanto.

In questo caso, il sistema ha permesso la scoperta e l’espansione di una nuova scienza che ha rivoluzionato l’agricoltura, consentendo agli agricoltori di produrre più cibo preservando le risorse naturali.

La sentenza ha gli occhi dell’America addosso. Perché in gioco, si capisce, non c’è solo la riproducibilità dei semi. E così i poteri forti hanno iniziato a sostenersi l’un l’altro. Come ha rilevato il New York Times Monsanto non ha ricevuto soltanto l’endorsement del Dipartimento di Giustizia, ma anche quello della Software Alliance BSA che rappresenta Apple e Microsoft, le quali hanno dichiarato in una nota congiunta che una sentenza contro Monsanto potrebbe “facilitare la pirateria software su larga scala”.

A difesa del contadino ci sono il Center for Food Safety (Centro per la sicurezza alimentare) e il Save Our Seeds che accusano Monsanto per la posizione dominante che ha portato all’aumento dei prezzi. Secondo il Center for Food Safety la multinazionale ha lanciato più di 140 processi di violazione di brevetto che hanno coinvolto 410 contadini e 56 aziende agricole e che le sono valsi 23,6 milioni di euro (all’incirca 17,7 milioni di euro).

L’uomo sostiene di aver pagato i semi ogni anno e di averne tenuta solamente una piccola parte per un secondo raccolto. L’azienda gli chiede 80mila dollari (60mila euro) di risarcimento. E l’America guarda alla sentenza della Corte Suprema che potrebbe creare un precedente in grado di mettere in discussione tutti i sistemi basati sul copyright.

Via I New York Times

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