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Tav: in un libro il grande bluff del Corridoio 5 (che non c’è)

Binario morto di Luca Rastello e Andrea De Benedetti è il racconto di un viaggio nella grande illusione dell’Alta Velocità

La Tav è soltanto un grande bluff e Binario morto, il libro di Luca Rastello e Andrea De Benedetti questa grande illusione la smaschera unendo i dati a un viaggio da Lisbona (e Algeciras) sino a Kiev, in un’Europa economicamente in ginocchio che pensa di poter continuare a sperperare denaro pubblico in nome di un futuro remoto fatto di progresso e alte velocità.

Il colpo di genio del tandem Rastello-De Benedetti è quello di allargare il discorso dal provincialismo del dibattito No TavSì Tav e di guardare al famoso Corridoio 5 nel suo insieme. Già perché molto spesso il discorso viene circoscritto alla Valsusa, alla Valle della Maurienne (dove il tunnel dovrebbe sbucare sul versante francese), ma non si fa alcun cenno al fatto che la Torino-Lione sarebbe un segmento “galleggiante” in un corridoio totalmente ideale.

È proprio la sostanza del concetto di corridoio a essere messa in discussione, secondo il professor Sergio Bologna, uno dei “pesi massimi della logistica mondiale”, il “corridoio” è un concetto astratto utilizzato per legittimare una grande opera che, come “ogni piattaforma logistica pubblica, europea, nazionale”, è “un affare immobiliare” in più di nove casi su dieci:

Non capisco che cosa intendiate voi, e con voi tutti quelli che ne fanno uso, con il termine “corridoio”. È forse un’espressione geografica? E a dire il vero mi sfugge anche che cosa si intenda per “rete”: qual è il significato di questi termini? Se ne parla ovunque, ma senza riferirsi in realtà a niente. Sono linee virtuali, vettori immaginari su cui non esiste alcun flusso significativo di merci. Nonostante questo si investono montagne di soldi. Essenzialmente vi si scatenano le lobby locali, che guardano all’investimento immediato nell’area di competenza ma che poi complessivamente per tenere in piedi i loro progetti disegnano la storia del cosiddetto corridoio.

Il corridoio è l’ideale. La realtà è un’altra e Rastello e De Benedetti la esplorano viaggiando dall’Estremo occidente fino all’Ucraina, lo fanno portando con loro un pacchetto di caffè, ironico simbolo del trasporto merci fra Lisbona-Kiev.

La realtà ci dice, per esempio che il Portogallo di Pedro Passos Coelho ha rinunciato al progetto nel 2012, sommerso da ben altri problemi. In Spagna l’Alta Velocità funziona molto bene, ma è stata costruita senza nessuna pianificazione internazionale: i treni partono a raggiera da Madrid, verso Siviglia, Barcellona e verso città e regioni, anche molto piccole, nelle quali si vogliono soprattutto acquietare gli slanci autonomistici. Una visione europeista non c’è, tanto che i binari non arrivano fino al confine francese e per raggiungere il Midi si devono prendere altri mezzi. Inoltre l’Alta Velocità spagnola (che ha superato la Francia ed è seconda al mondo dietro alla Cina) ha uno scartamento differente a quello europeo. Se ma ci dovesse essere un “corridoio” dunque le merci andrebbero trasportate da un treno all’altro oppure andrebbe rifatta tutta la rete. Questo al netto dei dati economici ce ci dicono come:

In realtà si stima che nel mondo ci siano solo due linee ad alta velocità in attivo: la Tokyo-Osaka e la Parigi-Lione. Tutte le altre sono in perdita, secondo i dati dell’Uci, l’Union internationale des chemin de fer.

Eppure in Italia la politica, con uno schieramento bipartisan, insiste con un atteggiamento dogmatico ed europeista, paventando l’esclusione dell’Italia dai grandi corridoi.

Gli autori raccontano un quarto di secolo di proteste No Tav e poi esaminano la situazione “in uscita” scoprendo che in Slovenia e in Ungheria non vi è alcuna intenzione di partecipare alla creazione del famoso corridoio. I treni ad alta velocità sloveni potranno toccare i 160 km/h, quelli ungheresi appena messi sui binari vanno ancora più lenti.

La favola del corridoio 5, “il corridoio unicorno, il corridoio ircocervo”,  si scontra con i numeri e con un contesto storico con tre grandi nodi perfettamente spiegati dal professor Bologna:

Uno riguarda la democrazia: per quanto si cerchi di aggirare il problema, i territori non sono più disposti ad accettare imposizioni che partono da lontano. In Italia e in Europa è ora di rassegnarsi al fatto che i diritti delle comunità locali valgono quanto i diritti dello Stato. Soprattutto che ora la sovranità è sempre meno nelle mani degli Stati e sempre più in quelle di potenze oscure, destabilizzanti, sottratte a ogni controllo democratico, e comunque votate a interessi privati come le famose agenzie di rating, o i fondi sovrani: tutti soggetti che non rispondo ad alcuna legge né patto sociale.

La seconda criticità riguarda i flussi:

Curioso l’accanimento sulla Torino-Lione, quando l’80 per cento delle merci che entrano in Italia o ne escono su rotaia transita dai valichi di Domodossola, Chiasso, Luino, Brennero, Tarvisio. Cioè attraverso la Svizzera e l’Austria. Dimostriamo di non essere capaci di agganciarci a infrastrutture già esistenti, realizzate – e in larga parte pagate – da altri, ma non ci facciamo problemi a chiedere all’Europa ulteriori capitali per realizzare la Torino-Lione.

Terzo e ultimo punto:

Infine i nodi. Qualunque cosa si voglia intendere con l’espressione “rete europea”, uno dei principali problemi da affrontare è quello dei nodi: si possono investire miliardi su autostrade e ferrovie, ma se non si interviene sui nodi non si fa che aggravare il problema. (…) Ma come si fa a pensare che più velocità significhi automaticamente maggiore efficienza?

Via | Binario morto

 

 

 

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