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Clima

Naomi Klein: fuori il capitalismo dai cambiamenti climatici

I cambiamenti climatici visti come occasione del rilancio dell’economia ma senza il fardello della finanza. E’ la teoria di Naomi Klein famosa per No Logo sui danni del commercio globalizzato, che riparte da This Changes Everything: Capitalism vs. the Climate sulla crisi del capitalismo e del clima

Naomi Klein in una lunga chiacchierata concessa a The Atlantic ragiona sulla possibilità di rilancio dell’economia globale usando la leva dei cambiamenti climatici. Le teorie sono esposte nel suo ultimo libro This Changes Everything: Capitalism vs. the Climate presentato a New York il 18 settembre, dunque proprio pochi giorni prima della Global Climate March.

L’analisi della Klein parte dall’avvertimento lanciato dagli scienziati del Panel IPCC: siamo vicini al punto di non ritorno circa la possibilità di gestire il contenimento dei cambiamenti climatici attraverso il controllo delle emissioni di biossido di carbonio, che però per quanto concerne il dibattito internazionale sono trattati attualmente più come una questione squisitamente politica che non scientifico- ambientale. Sarà pure folle, sarà pure curioso che lo sia, ma le 400 mila persone scese in strada domenica 21 settembre a New York per la Climate March e poi per l’inondazione di Wall Street, hanno effettivamente dimostrato al mondo che un segnale d’allarme che proviene dal basso (movimenti grassroots) è stato definitivamente lanciato alla classe politica.

Il flop della manifestazione italiana a Roma è indice, probabilmente, di quanto la controinformazione dal basso abbia ben poco funzionato nel nostro Paese e mette al contrario in luce come l’informazione ufficiale retta dal presidente del consiglio Matteo Renzi sia efficace nel far passare il messaggio che a fronte di un aumento delle trivellazioni alla ricerca dello scarso petrolio italiano ci si stia muovendo in campo internazionale per la lotta ai cambiamenti climatici (per la serie: cosa manifestate se ci stiamo lavorando?)

In effetti dice Naomi Klein:

Giusto per essere chiari, penso che quando si negano i cambiamenti climatici si stia negando la politica e non la scienza. E tutto ciò è destinato a fallire, anzi è fallito. Ho passato un bel po ‘di tempo con alcuni dei negazionisti climatici più tosti e penso che si rendono conto che se ciò che dice la scienza è vero allora viene sconvolto il loro progetto ideologico che prevede la deregolamentazione, austerità, privatizzazione della sfera pubblica, libero scambio deregolamentato. E se proprio sguardo ai tipi di politiche di cui avremmo bisogno, al fine di tenere seriamente in considerazione di quel che ci dice la scienza sui cambiamenti climatici, allora dovremmo guardare a forti regolamenti nel settore delle imprese; a grandi investimenti nella sfera pubblica per prepararci a ridurre rapidamente le emissioni; significherebbe anche il trasferimento di grandi ricchezze, argomenti di cui i negazionisti non sono fan.

Ragioniamoci su: come credere alle dichiarazioni di John Kerry che definisce i cambiamenti climatici un’arma di distruzione di massa? Se tale fosse, sarebbe lasciata in balia dei capricci del mercato? Prosegue Klein:

E ‘più facile immaginare noi stessi alla deriva verso un tracollo del clima che non immaginare di cambiare l’economia. Non solo: per un sacco di persone potenti è più facile immaginare di intervenire nel sistema climatico della Terra attraverso la geoingegneria cercando di oscurare il sole o di fertilizzare l’oceano, che non di cambiare il sistema economico in modi che sfidano la logica della crescita illimitata.

Questo modo di pensare, non vi ricorda forse le chiacchiere del nostro premier Renzi (e di quelli che lo hanno preceduto beninteso): concede trivellazioni, approva la TAP il gasdotto che va a rovinare le spiagge e l’economia turistica del Salento ma poi a New York dichiara che non c’è tempo da perdere.

Dunque i cambiamenti climatici hanno una chances di rilancio delle economie occidentali se diventano leva per la sicurezza globale: il clima influenza le attività umane e se estremo causa povertà e instabilità. D’altronde, la sicurezza nazionale e il mantenimento della democrazia risultano essere le ragioni che spingono gli Stati Uniti alle operazioni di pace in mezzo mondo (o operazioni di guerra, dipende dal punto di vista dell’osservatore). In Italia, siamo un passo indietro, la nostra controinformazione sulla sicurezza nazionale non funziona seguendo la strada dei cambiamenti climatici, almeno non per ora.

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