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Inquinamento

Amianto: 85 anni per la bonifica totale in Italia

Oltre 35mila i siti da bonificare, 1957 quelli già bonificati e 571 quelli parzialmente bonificati

Da 23 anni l’amianto è fuorilegge, ma la presa di coscienza del problema è molto più recente. Soltanto il megaprocesso all’Eternit conclusosi con il clamoroso verdetto della Cassazione è riuscito a portare alla ribalta dei grandi organi di informazione un problema che investe l’Italia intera e non soltanto coloro che hanno lavorato nei centri di produzione e lavorazione dell’asbesto.

Le bonifiche sono solo all’inizio e il tema della rimozione della fibra killer è stato al centro dei lavori nella terza edizione della Consensus Conference italiana per il controllo del mesotelioma maligno della pleura svoltasi a Bari, con la partecipazione dei maggiori esperti della patologia al cospetto di giuristi, operatori dell’informazione, istituzioni pubbliche e private e associazioni di vittime e familiari.

Il Ministero dell’Ambiente ha presentato i dati aggiornati a novembre 2014: in Italia, i siti che ancora devono essere bonificati sono 35.521, quelli già bonificati sono 1957 e quelli che lo sono stati soltanto parzialmente sono 571. L’area più a rischio è Casale Monferrato dove il “polverino” ha già fatto 1700 vittime, poi, in giro per l’Italia ci sono gli stabilimenti Fibronit di Bari e di Broni (Pv), Eternit Siciliana di Priolo (Sr), la cava di Monte San Vittore di Balangero (To), l’altro stabilimento Eternit di Bagnoli (Na), la ex Liquichimica di Tito (Po), la cava di Monte Calvario a Biancavilla (Ct) e quella di Emarese (Ao). Questo soltanto per rimanere ai siti più grandi e problematici.

Ogni anno vengono dismesse 380mila tonnellate e, considerando che sul territorio italiano sono stimati circa 32 milioni di tonnellate di questo materiale, ci vorranno circa 85 anni per portare a termine la bonifica di tutti i siti contaminati.

Le vittime dell’amianto sono all’incirca 3000 all’anno, 1500 delle quali muoiono per mesotelioma. In quindici anni, dal 1993 al 2008 sono stati 15mila i casi di questa neoplasia, una media di mille all’anno, ciò significa che il fenomeno è in crescita.

I tempi di latenza vanno da 20 a 45 anni dall’inizio dell’esposizione, l’età media della diagnosi è, infatti, di 70 anni.

Notizie confortanti arrivano sul fronte delle cure: i ricercatori del dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino, in collaborazione con i colleghi dell’Ospedale San Antonio e Biagio di Alessandria sono infatti riusciti a sperimentare una nuova tecnica mirata per identificare i geni mutati responsabili della ridotta sopravvivenza nel mesotelioma.

In questo modo è stato individuato un alto numero di mutazioni geniche legate alla precoce progressione del tumore e alla riduzione della sopravvivenza. L’identificazione di queste alterazioni consentirà di valutare il ruolo delle terapie a bersaglio molecolare in questa neoplasia,

ha spiegato Giorgio Scagliotti, direttore del dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino.

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