I paradossi della globalizzazione e delle filiere lunghe, anzi, lunghissime. A poche centinaia di metri dallo stabilimento di Moretta (Cn), dove venivano confezionati i ravioli e i tortellini con l’involontario (?) mix di carne bovina ed equina, vengono allevati pregiatissimi bovini di razza piemontese ovverosia capi di bestiame fra i più apprezzati al mondo.
A sottolinearlo è la Coldiretti Piemonte dopo il blitz effettuato a Moretta dai Nas dei Carabinieri, operazione nella quale erano state rinvenute tracce di Dna di carne di cavallo pari all’1%. Da anni Coldiretti si batte per un’etichettatura chiara e trasparente dei prodotti alimentari e si è detta disposta a fare da mediatrice con colossi come Nestlè-Buitoni affinché vengano stipulati contratti di filiera, come è già avvenuto con altri settori dell’agroalimentare:
È però necessaria la volontà della multinazionale di aprire un dialogo con Coldiretti e gli imprenditori agricoli, affinché si dia la chiara dimostrazione ai consumatori che si intende avviare un processo di trasparenza, che evita caroselli commerciali che mettono a rischio la salute dei consumatori e la credibilità dell’azienda di trasformazione.
Intanto le notizie provenienti da mezza Europa non hanno tardato a far sentire i loro effetti sull’opinione pubblica e sull’(in)conscio collettivo. Secondo un’indagine condotta di recente da Coldiretti/Swg le frodi a tavola sono ritenute più gravi di quelle fiscali e degli scandali finanziari. Se qualcuno porta i soldi alle Cayman o se rischia il tracollo una banca fondata nel Medioevo passi, ma nel piatto no, ci vuole trasparenza, bisogna sapere che cosa si sta per mangiare.
La salute prima di tutto: le frodi alimentari sono le più temute dal 60% degli intervistati, perché hanno effetti sulla salute, poi ci sono quelle fiscali (40%) e quelle finanziarie (26%).
Capitolo punizioni: il 57% concorda sulla sospensione dell’attività per chi “sgarra”, il 22% sull’arresto e il 18% su di una multa salata. Per il 90% degli italiani dovrebbe essere obbligatoria in etichetta l’origine delle materie prime agricole impiegate, mentre il 65% si sente tutelato se il marchio degli agricoltori e/o allevatori è italiano. Perché in gioco c’è la salute, non è soltanto una questione di etichetta.
Via I Coldiretti
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