Esaurite le riserve di pesce italiane, da domani solo pesce importato

In termini di attività ittiche ecosostenibili infatti la quota di pescato italiana sarebbe già esaurita: il Fish Depandance Day quest’anno è domenica 14 aprile (ogni anno si riesce sempre ad anticipare un po’) e da domani, grazie alla pesca eccessiva ed ad una tutela degli ambienti marini troppo blanda, sulle tavole italiane dovrà esserci solo pesce d’importazione.

L’Italia però non è l’unico paese ad aver consumato le proprie riserve ittiche: al 4 luglio prossimo infatti la questione riguarderà l’intero Continente, visto che saranno esaurite le scorte europee.

Le scorte nazionali si esauriscono sempre prima, costringendo materialmente i consumatori a dipendere dalle importazioni di pesce per il proprio fabbisogno. Per l’Italia il grado di autosufficienza e’ sceso dal 32,8% al 30,2% negli ultimi due anni. E nonostante un consumo leggermente inferiore, il nostro Paese e’ di fatto sempre piu’ dipendente dal pesce proveniente da acque non-europee. L’Italia rimane dipendente dal pesce extracomunitario per sostenere circa il 70% dei suoi consumi

scrive Ocean2012, spiegando che l'”autonomia ittica” italiana è di soli 104 giorni l’anno: maluccio per un Paese che se non fosse per la catena alpina sarebbe completamente circondato dal mare.

L’annuncio di una più forte attività di pressione sui membri dell’Unione per una riforma seria, pragmatica e sostenibile riforma del sistema ittico continentale (dalla pesca alla commercializzazione) è stato dato lo scorso 12 aprile su Twitter dalla stessa Ocean2012:

Il caso italiano è, in tal senso, emblematico : 8.000km di costa malgestiti, violentata fino a renderla spopolata o fortemente inquinata: viene in mente, ad esempio, il lampante “caso Taranto”, nel cui mare sono stati proibiti l’allevamento e la raccolta dei mitili perchè contenti diossina, o le coste tirreniche, interessate da una morìa di delfini senza precedenti nella recente storia nazionale (e senza una spiegazione ufficiale).

Insomma, il mare nostrum si va lentamente spopolando, complici però anche le aziende ittiche extracontinentali, come i giapponesi che dopo aver spopolato di tonni i mari nipponici si sono buttate sul tonno rosso del Mediterraneo, di cui in estremo oriente vanno ghiottissimi.

Quello del consumo di pesce è infatti un problema sempre più macroscopico: al di là delle singole culture, e dei gusti culinari degli abitanti del pianeta Terra, l’immagine che si delinea dalle parole di Serena Maso, coordinatrice nazionale di Ocean2012, di “umano” ha davvero poco:

La popolazione mondiale cresce, il consumo di pesce pro capite aumenta (+3,6% l’anno) e i pescherecci diventano sempre più potenti. Si pesca perciò troppo, a un ritmo più veloce del tasso di riproduzione degli stock ittici. L’Ue ha il dovere di assumersi l’impegno di porre concretamente fine alla pesca eccessiva entro il 2015 al fine di poter recuperare gli stock ittici entro il 2020.

In una lettera pubblica dunque, un vero e proprio appello, le 217 Ong di Ocean2012 chiedono al Parlamento europeo di ripristinare gli stock ittici europei entro il 2020 e la fine della pesca eccessiva entro il 2015: solo in questo modo l’Europa potrà salvare i propri ambienti marini, sempre più spopolati.

Ma non è l’unica posizione riformista in materia di mercato ittico: anche Europêche (un’organizzazione europea di pesca industriale) ha diffuso in Europa la propria posizione in materia, molto poco dissimile da quella di Ocean2012. La parola passa a Strasburgo.

Via | Ocean2012
Foto | Flickr

A.S.

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