Dopo le piogge torrenziali che si sono abbattute sull’India è ora il momento della tempesta: una vera e propria guerra di cifre tra le autorità indiane, incapaci di quantificare i morti di questa stagione monsonica particolarmente violenta ed intensa.
I violentissimi monsoni che hanno imperversato sul territorio indiano, causando spaventose inondazioni e portando all’evacuazione dai villaggi e dalle loro case di decine di migliaia di persone, già nei giorni scorsi avevano spinto le autorità dell’Uttaranchal, la zona più colpita, a quantificare in 8.000 le vittime delle inondazioni.
Un numero spaventoso che, tuttavia, il presidente del Parlamento dell’Uttarakhand, Govind Singh Kunjwal, ha voluto correggere in eccesso, aprendo aspre polemiche con il governo centrale e locale: sarebbero 10.000 le vittime del monsone trasofmatosi in tsunami, che ha letteralmente devastato una delle zone più belle del subcontinente indiano. Lo stesso Singh ha tuttavia spiegato come sia impossibile, al momento, quantificare in modo attendibile le vittime:
“Nessuno può dire con certezza quante persone sono morte in questa tragedia; tuttavia, dopo aver visitato varie aree colpite dalle alluvioni, e sulla base di informazioni raccolte da famigliari di vittime e responsabili locali, ritengo che il bilancio dei morti sia di circa 10.000.”
Sia il ministro dell’Interno Sushilkumar Shinde sia il governatore di questo Stato, Vijay Bahuguna, lo hanno smentito riproponendo la cifra, sino a questo momento ufficiale, di 900-1.000 morti.
Il perchè di questa guerra di cifre lo ha spiegato il Times of India in un articolo destinato ad infuocare ulteriormente le polemiche sui numeri e sulle inefficienze del governo indiano: il Dipartimento meteorologico diffuse, dal 14 al 16 giugno (quindi prima che il monsone si abbattesse con tutta la sua violenza, trasformandosi in cataclisma) bollettini riguardanti la possibilità di pesantissime piogge in Uttarakhand, in cui chiedeva alle autorità, di far partire immediatamente i soccorsi e trasferire la gente in luoghi sicuri, cosa che le autorità indiane avrebbero colpevolmente ignorato.
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