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Plastisfera, la comunità batterica sui frammenti di plastica nei mari

Con una produzione annua di plastica pari a 35 kg pro capite per ogni abitante del pianeta, è evidente che una discreta frazione di questa finisca nei mari e negli oceani, spesso sotto forma di detriti di meno di 5 mm (microplastica).

Questi rifiuti sono dannosi per i pesci e gli uccelli che possono ingerirli inavvertitamente, ma possono anche rappresentare un altro tipo di rischio, poichè ospitano un’abbondante flora batterica, in gran parte diversa da quella che si trova nell’acqua di mare. Gli scienziati hanno chiamato “plastisfera” questa comunità di batteri che vive sui residui microplastici che galleggiano sugli oceani del pianeta. (1)

L’immagine in alto riporta una foto al microscopio elettronico a scansione (2) della comunità batterica su un filamento di materiale plastico raccolto in mare (illustrato nel riquadro in basso a destra). Le tacche bianche rappresentano una scala di 10 µm.

L’essere a forma di medusa è un batterio ciliato con altri batteri simbiotici che vivono sulla sua superficie (ben visibili nel riquadro in alto a destra), oltre a diatomee e cellule filamentose.

Ciò che desta maggiore preoccupazione è il fatto che le popolazioni di batteri della plastisfera sono distinti dalla tipica flora microbica marina (come si vede dal diagramma di Venn qui sotto, da cui si deduce che sono poche le specie di batteri comuni all’idrosfera e alla plastisfera), il che significa che la plastica funge da nuovo habitat ecologico oceanico. Trattandosi di rifiuti poco degradabili e dalla lunga vita è difficile prevedere quali possano essere le conseguenze ecologiche a lungo termine.

Si teme in particolare che la plastisfera possa diventare un vettore di trasporto di microorganismi patogeni, come i vibrioni.

(1) In alcuni siti o blog di lingua italiana il termine “plastisfera” è usato impropriamente per identificare l’insieme dei rifiuti plastici oceanici, mentre i biologi usano questo temrine per indicare le forme di vita che vi risiedono.

(2) La fonte è uno studio del laboratorio di biologia marina del Massachusetts

EcoAlfabeta

Marco Pagani, Fisico e docente di Matematica e Fisica, attualmente svolge un Dottorato di Ricerca in Scienze Agrarie, Ambientali e Alimentari presso l'Università di Bologna. Si interessa di problematiche ambientali da lungo tempo dopo aver letto molti anni fa "Il cerchio da chiudere" di Barry Commoner, "Il punto di svolta" di Fritjof Capra e "La convivialità" di Ivan Illich. Su questi problemi ha organizzato diversi corsi e seminari coinvolgendo docenti universitari e rappresentanti della società civile. E' autore di pubblicazioni su temi scientifici e ambientali; in collaborazione con Ugo Bardi si è occupato del picco dei minerali, argomento che ha trattato anche nel libro "La vita dopo il petrolio" curato da Pietro Raitano e Gianluca Ruggero. Ha tenuto diversi corsi e seminari sui costi energetici dell'agricoltura, sull'impronta agricola-alimentare e sulla misura del consumo di territorio. E' socio ASPO e WWF, ha dato vita a un GAS (Gruppo di Acquisto Solidale), simpatizza e sostiene attivamente la Rete per la decrescita e il movimento Stop al consumo di territorio. Prim di confluire in Ecoblog, dal 2006al 2012 ha curato il blog ambientale EcoAlfabeta, di cui ora conserva il nickname. Dal giugno 2011 è Consigliere Comunale a Novara. Ama le scienze, la lettura, la scrittura, i viaggi, la montagna, la bicicletta, la musica, la cucina, la compagnia degli amici e della sua famiglia, la pace e l'intelligenza creativa.

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