Il ghiaccio artico sta per raggiungere il suo massimo stagionale nella seconda quindicina di marzo, ma si prospetta già come un massimo piuttosto debole.
Secondo quanto afferma il National Snow and Ice Data Center di Boulder, Colorado, la potenza dell’inverno artico quest’anno è stata piuttosto debole (a differenza di quanto è avvenuto negli States), con temperature più miti (da 4 a 8 gradi sopra la media) e scarso ghiaccio nei mari di Bering, Baretns e Okhotsk.
Questo ha portato per febbraio ad un’estensione di 14,4 milioni di km², la quarta più bassa dall’inizio delle registrazioni nel 1981, oltre 900000 km² in meno rispetto alla media 1981-2010. Come si vede dal grafico qui sotto, l’estensione invernale di febbraio oscilla leggermente da un anno all’altro, ma la tendenza decrescente è netta e inequivocabile, con una perdita media pari a 46000 km² all’anno.
La mancanza di ghiaccio sui mari artici contribuisce a sua volta al trasferimento di calore dall’acqua all’aria, contribuendo a riscaldare ulteriormente l’atmosfera.
E’ opportuno notare che il NSIDC ha cambiato il periodo di riferimento per calcolare le medie e le deviazioni standard, passando da un intervallo di 22 anni (1979-2000) ad uno di trenta (1981-2010). Avendo incluso anche la prima decade del 21° secolo, la media naturalmente si è abbassata, ma anche così le estensioni degli ultimi anni restano sempre vicini o sotto a meno due deviazioni standard. Detto in parole povere, esiste solo una probabilità del 2,2% che ciò sia semplicemente dovuto al caso (è l’area della coda di sinistra della gaussiana inferiore a -2 sigma).
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