
LAKEHEAD, CA - AUGUST 31: Dry cracked earth is visible on the banks of Shasta Lake at Bailey Cove August 31, 2014 in Lakehead, California. As the severe drought in California continues for a third straight year, water levels in the State's lakes and reservoirs is reaching historic lows. Shasta Lake is currently near 30 percent of its total capacity, the lowest it has been since 1977. (Photo by Justin Sullivan/Getty Images)
Non arrivano buone notizie dal nuovo Living Planet Report del Wwf. Notizie che riguardano in primis il mondo animale, visto che in circa 40 anni le specie di animali vertebrati sono più che dimezzate. “Le popolazioni di pesci, uccelli, mammiferi, anfibi e rettili sono diminuite del 52% dal 1970”. Mentre le specie di acqua dolce soffrono di “un declino del 72%, una perdita quasi doppia rispetto alle specie terrestri e marine”. Perdite che non sono, ovviamente, distribuite in maniera omogenea in tutto il mondo, ma che si concentrano nelle regione tropicali, in particolare quelle dell’America latina.
Ma ce n’è anche per l’uomo, in particolare europei e italiani: se tutta la popolazione del mondo mantenesse uno stile di vita assimilabile al nostro un “solo” pianeta Terra non basterebbe, ne servirebbero 2,6. Questo a causa della nostra impronta ecologica, del nostro stile di vita e di come questo consuma le risorse terrestri. L’impronta ecologica è infatti la misura dell’area biologicamente produttiva di mare e di terra necessaria a rigenerare le risorse consumate da una popolazione umana e ad assorbire i rifiuti prodotti.
Tutti e 27 gli stati dell’Unione Europea vivono a livelli superiori a quelli che un pianeta può reggere, innanzitutto a causa del consumo di carbone, petrolio, gas naturale e gli altri combustibili fossili. D’altra parte, la nostra “domanda di risorse naturali dell’umanità è oltre il 50% più grande di ciò che i sistemi naturali sono in grado di rigenerare”. Ma in concreto, come si può interpretare questo dato? Basti pensare che si taglia il legname più rapidamente di quanto questo riesca a ricrescere, pompiamo acqua dolce più velocemente di quanto le acque sotterranee riforniscano le fonti e rilasciamo più C02 di quanto la natura possa assorbire.
Risorse che vengono consumate a un ritmo troppo rapido, popolazione animale che diminuisce, d’altra parte noi, gli esseri umani, che cresciamo a un ritmo folle: entro 2100 saremo 11 miliardi. Bisogna agire, insomma, perché le soluzioni possibili non mancano: le aree protette gestite in maniera efficace possono salvaguardare la fauna selvatica e gli studi che si occupano di capire come fornire cibo a una popolazione in aumento senza andare a occupare gli habitat delle specie animali non mancano. Il Living Planet Report è quindi uno strumento, che la politica deve utilizzare. Prima che sia troppo tardi.