PEKANBARU, SUMATRA, INDONESIA - JULY 11: A view of land clearing for palm oil plantation in Siak district on July 11, 2014 in Riau province, Sumatra, Indonesia. The Nature Climate Change journal has reported that Indonesia lost 840,000 hectares of natural forest in 2012 compared to 460,000 hectares in Brazil despite their forest being a quarter of the size of the Amazon rainforest. According to Greenpeace, the destruction of forests is driven by the expansion of palm oil and pulp & paper has increased the greenhouse gas emissions, pushing animals such as sumatran tigers to the brink of extinction, and local communities to lose their source of life. (Photo by Ulet Ifansasti/Getty Images)
L’olio di palma è un alimento, un grasso vegetale, che provoca la deforestazione. Lo usiamo tantissimo perché rende i prodotti da forno leggeri e friabili e avendo un gusto delicato non interferisce con gli altri sapori. Pensate che le attuali proiezioni di crescita della popolazione ci dicono che il consumo di olio di palma crescerà del 35 per cento entro il 2050 e questo incremento sarà concentrato in Asia, Africa e Sud America. Si ipotizza che qui l’urbanizzazione sarà sempre più elevata e che anche i redditi cresceranno e che dunque sarà possibile un maggiore consumo di cibo.
Prendendo in considerazione questi fattori, la FAO (Food and Agriculture Organization delle Nazioni Unite) stima che la domanda alimentare globale aumenterà del 60 per cento mettendo sotto pressione i sistemi agricoli esistenti, ovvero si verrà a creare una maggiore competizione sull’uso della terra coltivabile e dell’acqua. In più dobbiamo considerare che risorse come azoto, fosfati, carburanti, pesticidi e lo stesso suolo graveranno sulla produzione agricola.
A peggiorare le previsione il panel di esperti intergovernativi delle nazioni Unite sui cambiamenti climatici (IPCC) che hanno affermato in modo inequivocabile che i cambiamenti climatici saranno inevitabili.
Dunque è questo lo scenario che sarà discusso alla 12 esima Tavola rotornda sull’olio di palma sostenibile, perché proprio la RSPO ha l’ambizione di portare in commercio solo olio di palma che per essere ottenuto tenga conto del rispetto del suolo e delle risorse e che non provenga da suoli che hanno subito la deforestazione. E’ un’ambizione appunto, perché la realtà è ben diversa e nel Borneo sopratutto intere aree sono state sacrificate alla palma da olio.
La RSPO Roundtable on Sustainable Palm Oil nasce nel 2003 come piattaforma per riunire governi, investitori, produttori, commercianti e la società civile nell’ elaborare criteri per la
produzione sostenibile dell’olio da palma. Da allora il primo carico di olio di palma sostenibile e certificato CSPO si è avuto nel 2008 e nel 2010 erano già 25 mila i piccoli agricoltori certificati. Nel 2011 nasce il marchio di certificazione RSPO e nel 2013 si è completata la certificazione per tutta la filiera di approvvigionamento.
Attualmente l’olio di palma certificato RSPO è pari al 15 per cento della fornitura globale facendo registrare un punto percentuale di aumento dal 2012. Nonostante questo aumento dell’offerta di olio CSPO resta ancora molto lavoro da fare. E la strada scelta è appunto quella del dialogo.
Via | RT12
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