
KUTA, INDONESIA - JANUARY 17: A man walks beside the scattered plastic trash brought in by strong waves at Kuta Beach on January 17, 2014 in Kuta, Indonesia. The sight of trash washed up on Kuta beach has become an annual phenomenon as piles of debris are carried to the beach by strong currents during the winter months. Kuta Beach is one of Bali's top tourist destinations, however during the winter months waste materials are swept up onto the beaches in Java, Bali, and Nusa Tenggara. (Photo by Agung Parameswara/Getty Images)
Gli oceani stanno diventando, sempre di più, discariche a cielo aperto nei quali si accumulano tutti i rifiuti plastici dell’umanità. Uno studio pubblicato sulla rivista Plos One ha quantificato per la prima volta la quantità di detriti plastici nelle acque degli oceani valutando in 269mila tonnellate e in 5mila miliardi di particole i rifiuti presenti nelle acque oceaniche.
Si tratta – a detta dei ricercatori statunitensi, neozelandesi, cileni, francesi, sudafricani e australiani che hanno compiuto questa stima – di cifre “molto prudenti” e che possono essere considerate come un quantitativo minimo.
Bottiglie, sacchetti, polistirolo e altri imballaggi, ma anche particole di natura industriale vengono buttati in mare o trascinati da correnti fluviali e marine, dai venti. La situazione è peggiorata nell’ultimo quarto di secolo, immense zone di convergenza sono state create dalle correnti, la più nota di tutte è il Great Pacific Garbage Patch anche nota come la grande discarica del pacifico che si trova nel Pacifico Settentrionale ed ha un’ampiezza stimata di 3,4 milioni di kmq.
Il team di ricercatori che ha compiuto il “censimento della plastica” ha raccolto dati dal 2007 al 2013, in ventiquattro campagne oceanografiche e 1500 siti-campione. Ovviamente la plastica non si accumula solamente nei vortici oceanici, ma è diventata un problema serio anche al largo delle coste, comprese quelle del Mediterraneo.
La quantità di residui plastici presente negli oceani è circa un millesimo della plastica prodotta nel 2012 in tutto il mondo, 288 milioni di tonnellate. Ma il problema resta comunque immane per le conseguenze per gli ecosistemi marini sono gravissime a causa della degradazione a opera dei raggi ultravoioletti, della biodegradazione, dell’ingestione da parte degli organismi marini e degli accumuli sulle coste. La contaminazione “abbraccia” tutta la catena alimentare e dallo zooplancton può arrivare fino all’uomo. I pezzi di plastica vengono inoltre ingeriti da numerose specie marine, dalle tartarughe ai pesci, dagli uccelli ai mammiferi, e provocano lesioni interne, avvelenamenti e soffocamenti.
Via | Le Monde