Un recente studio dell’Università delle Nazioni Unite ha stimato che nel 2014 sia stato stabilito il nuovo record della spazzatura elettronica: 41,8 milioni di tonnellate di rifiuti come frigoriferi, lavatrici, elettrodomestici, televisori, computer e telefonini. La stessa ricerca ha rivelato che solamente un sesto di questa spazzatura viene correttamente riciclata e che, entro il 2018, la quota complessiva dell’e-waste potrebbe superare la soglia di 50 milioni di tonnellate.
L’elemento più paradossale che emerge da questa ricerca è che sono i Paesi che hanno un più forte coscienza ambientalista a produrre i maggiori quantitativi di rifiuti pro-capite: la graduatoria relativa al 2014 vede in testa la Norvegia con 28,4 kg pro-capite, seguita da Svizzera (26,3 kg), Islanda (26,1 kg), Danimarca (24 kg), Gran Bretagna (23,5 kg), Paesi Bassi (23,4 kg) e Svezia (22,3 kg). Al decimo posto ci sono gli Stati Uniti con 22,1 kg, ma vista la sua popolazione i consumatori statunitensi incidono tantissimo sul “peso” globale dei rifiuti elettronici. Cina e Stati Uniti insieme producono il 32% dei rifiuti complessivi.
In termini assoluti al primo posto ci sono gli Stati Uniti con 7,072 milioni di tonnellate di rifiuti, seguiti dalla Cina con 6,032 milioni di tonnellate e dal Giappone con 2,200 milioni di tonnellate.
Il dato sui rifiuti elettronici evidenzia quanto ampia sia la forbice fra i Paesi più avanzati e quelli del Terzo Mondo o in via di sviluppo: la media di rifiuti elettronici del continente africano è di appena 1,7 kg pro-capite all’anno.
Per fornire un esempio concreto della cifra di rifiuti elettronici annuali, le Nazioni Unite spiegano che le 41,8 milioni di tonnellate di rifiuti annui sono l’equivalente di 1,15 milioni di carri-armati messi in fila lungo 23mila km.
Se si riuscisse a riciclare al 100% questa quantità di rifiuti, si potrebbe generare una ricchezza quantificabile in 52 miliardi di dollari.
Via | BBC
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