Agricoltura

Agricoltura sociale: cos’è e qual è il suo impatto socio-ambientale?

L’agricoltura sociale, spesso indicata con l’acronimo AS, è un modello agricolo che va al di là dei meri scopi produttivi, come infatti si può facilmente desumere dall’aggettivo che la qualifica, ha anche obiettivi sociali.

Un’esaustiva e interessante definizione di questo modello è quella di Francesco Di Iacovo, professore di Economia Agraria presso l’Università di Pisa: “Con l’espressione Agricoltura Sociale ci riferiamo a quell’insieme di attività che impiegano le risorse dell’agricoltura e della zootecnica, la presenza di piccoli gruppi, familiari e no, che operano nelle aziende agricole, per promuovere azioni terapeutiche, di riabilitazione, di capacitazione, di inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di servizi utili per la vita quotidiana e di educazione”. 

Si tratta in sostanza di uno strumento grazie al quale è possibile sviluppare interessanti politiche di welfare

L’agricoltura sociale non è un concetto nuovo e il suo grande sviluppo è iniziato verso la fine del XX secolo, anche se le sue origini possono essere fatte risalire alla fine del XIX come risposta al crescente processo di industrializzazione. 

Nel nostro Paese un momento importante è stato sicuramente il 2015, anno in cui è stata promulgata la Legge 18 agosto 2015, n. 141: “Disposizioni in materia di agricoltura sociale”; con essa il legislatore ha voluto dare il giusto riconoscimento giuridico a un modello di agricoltura che ha soprattutto obiettivi di welfare più che produttivi.  

Agricoltura sociale: quali sono gli attori coinvolti?

L’agricoltura sociale è un modello che coinvolge diversi attori; da una parte abbiamo operatori sociali, aziende agricole o comunque professionisti del settore e dall’altra soggetti che stanno sperimentando situazioni di svantaggio. Fra questi ultimi si possono per esempio citare persone affette da disabilità psicofisiche o sociali, detenuti o ex detenuti, tossicodipendenti, ragazzi con disturbi dell’apprendimento o in condizioni di disagio, persone adulte che stanno attraversando momenti particolarmente difficoltosi psicologicamente e/o economicamente. 

Quindi, riprendendo la definizione, lo scopo principale del modello agricolo in questione è quello di favorire l’inclusione sociale e il benessere di persone in situazioni di svantaggio tramite le pratiche agricole. 

I proventi che derivano da queste pratiche possono sostenere economicamente sia le associazioni sociali che i lavoratori coinvolti. 

Una peculiarità di notevole importanza dell’agricoltura sociale è il coinvolgimento di tutti i partecipanti alle varie decisioni; ciò consente di condividere le responsabilità favorendo la collaborazione delle persone, con tutte le conseguenze positive del caso. 

Perché l’agricoltura sociale si sta diffondendo sempre di più?

Negli ultimi anni l’agricoltura sociale ha conosciuto una crescente diffusione; i motivi sono essenzialmente due: la sostenibilità sociale e la sostenibilità ambientale

Da un punto di vista sociale, i benefici sono diversi, in primis l’inclusione, l’integrazione e il benessere di soggetti in difficoltà. 

Per quanto riguarda l’aspetto ambientale, a cui oggi le persone sono sempre più attente, si deve sottolineare il fatto che l’agricoltura sociale favorisce il ricorso a pratiche agricole sostenibili con inevitabile impatto positivo sull’ambiente. 

Un esempio concreto: gli orti sociali di Procter & Gamble

Gli orti sociali sono degli spazi realizzati solitamente nelle città in spazi pubblici inutilizzati o in terreni di privati che vengono concessi a prestito. Il più delle volte vedono impegnate persone in difficoltà o in condizioni di disagio fisico o economico. Ne sono un esempio pratico gli orto-frutteti solidali realizzati da Procter & Gamble e AzzeroCO2in varie città italiane (30.000 metri quadrati di superficie e circa 400 persone coinvolte). Il loro scopo è quello di favorire l’inclusione delle persone garantendone l’autonomia economica, mitigare l’inquinamento atmosferico, riqualificare zone urbane degradate o inutilizzate e salvaguardare la biodiversità

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