
Fare il bagno dopo mangiato: un mito da sfatare ma con le giuste precauzioni(www.ecoblog.it)
In estate, torna un dubbio molto comune: è davvero necessario attendere 2-3 ore dopo aver mangiato prima di fare il bagno?
Secondo i medici che collaborano con il sito anti-bufale “Dottore ma è vero che…?”, il divieto di tuffarsi subito dopo i pasti non è una regola ferrea. Tuttavia, è necessario valutare una serie di fattori indipendentemente dall’orario, come le condizioni meteorologiche e dello specchio d’acqua, soprattutto se si tratta di mare aperto e non di piscina. Fondamentale è anche la consapevolezza delle proprie capacità natatorie.
“Se a fare il bagno è un bambino, la presenza attenta di un adulto diventa indispensabile” sottolineano gli specialisti, che raccomandano altresì di avere sempre a portata di mano salvagenti e di saperli indossare correttamente, anche in caso di mare mosso. Dati aggiornati indicano infatti che quasi il 90% delle persone annegate non indossava alcun dispositivo di galleggiamento.
Il vero pericolo: l’alcol e le fasce d’età più a rischio
Un elemento di rischio ben più grave del bagno dopo pranzo è il consumo di alcolici prima di immergersi in acqua. Gli esperti avvertono che nel 70% delle morti per annegamento tra adolescenti e adulti è coinvolto proprio l’uso di alcolici. Questo dato, allarmante, evidenzia quanto sia importante evitare l’assunzione di bevande alcoliche prima di praticare attività natatorie.
Inoltre, particolari categorie devono prestare attenzione: i bambini tra 1 e 4 anni risultano essere i soggetti più vulnerabili agli incidenti legati all’acqua. Negli Stati Uniti, ad esempio, l’annegamento è la seconda causa di morte tra i bambini di questa fascia d’età, subito dopo gli incidenti stradali. I dati segnalano inoltre una disparità razziale, con un’incidenza più alta tra i bambini e adolescenti afroamericani rispetto ai coetanei bianchi, aspetto che riflette le disuguaglianze socioeconomiche legate alla salute.

L’annegamento è definito come una forma di asfissia acuta causata dall’ingresso di liquido nei polmoni che impedisce l’ossigenazione dei tessuti vitali. Ogni anno si stimano circa 360.000 decessi a livello globale, con tre picchi d’età critici: bambini sotto i 5 anni, adolescenti e anziani. Le situazioni di rischio variano: i più piccoli annegano spesso in piscine o vasche da bagno per insufficiente sorveglianza, mentre gli adulti si trovano maggiormente in pericolo in laghi, fiumi o mare, spesso in seguito a infortuni come tuffi in acque basse.
Dal punto di vista fisiopatologico, l’annegamento porta a ipossia cerebrale e insufficienza cardiaca acuta, con danni potenzialmente irreversibili dopo pochi minuti senza ossigeno. Le complicanze principali coinvolgono il sistema nervoso centrale e il cuore, con possibili aritmie e edema cerebrale. La tempestività delle manovre di rianimazione è quindi cruciale per la sopravvivenza.
Prevenzione e sicurezza: dispositivi innovativi per i più piccoli
Tra le soluzioni tecnologiche più recenti spicca la maglietta anti-annegamento per bambini, un dispositivo di sicurezza che si attiva automaticamente in caso di immersione accidentale in acqua, gonfiandosi per riportare il bambino in superficie. La maglietta non è un ausilio per il nuoto, ma un presidio di emergenza da indossare fuori dall’acqua e rimuovere prima di entrare in piscina o mare.
Questi dispositivi, ormai utilizzati da oltre 18.000 bambini, sono riutilizzabili e lavabili, con moduli gonfiabili separabili dal tessuto e ricaricabili mediante specifiche capsule di CO2. La loro efficacia può rappresentare un importante contributo alla prevenzione degli incidenti in acqua, soprattutto nelle fasce d’età più a rischio.