
Dove gettare l'olio da cucina? Tutti lo buttano nel lavandino, ma sbagliano e c'è un motivo - ecoblog.it
Smaltire l’olio da cucina in modo scorretto provoca danni ambientali e tecnici gravi. In Italia esiste una filiera dedicata che lo trasforma in una risorsa utile, dal biodiesel alla tutela delle acque.
In ogni comune italiano sono presenti modalità specifiche per lo smaltimento degli oli esausti, parte integrante del sistema di raccolta differenziata. Quando si parla di oli da cucina si intendono quelli vegetali e animali per uso alimentare, come l’olio delle fritture o dei condimenti. Diverso è il discorso per gli oli lubrificanti per motori, che seguono regole e normative a parte. Nonostante ciò, la cattiva abitudine più diffusa rimane quella di versare l’olio direttamente nello scarico del lavandino, ignorando le conseguenze. In realtà, l’olio esausto dovrebbe essere raccolto in contenitori dedicati – forniti in alcuni casi dai comuni oppure ricavati dalle stesse bottiglie già utilizzate – e consegnato alle isole ecologiche o ai punti di raccolta predisposti. È un gesto che fa la differenza, perché impedisce la dispersione di un rifiuto altamente inquinante.
I danni ambientali di un gesto sbagliato
Molti credono che l’olio, essendo un prodotto alimentare, sia naturale e quindi biodegradabile. In realtà non è così. Basta osservare cosa succede versando poche gocce in un bicchiere d’acqua: l’olio non si scioglie, resta separato in superficie. Lo stesso avviene negli scarichi domestici e negli impianti fognari, con conseguenze molto serie.

Una volta disperso, l’olio esausto può raggiungere le falde acquifere e contaminare terreni e pozzi d’acqua potabile. Se arriva in mare o nei laghi forma una pellicola che ostacola il passaggio della luce solare, alterando l’equilibrio degli ecosistemi acquatici. Non meno rilevante è l’impatto sulle tubature e sui sistemi di depurazione: si intasano, rallentano il trattamento delle acque e comportano costi elevati per la collettività. Proprio per queste ragioni, già da anni in Europa e in Italia sono stati attivati programmi specifici di raccolta e riciclo. Una corretta gestione dell’olio usato non è solo un dovere ambientale, ma anche una misura necessaria per proteggere infrastrutture e risorse idriche.
Il ruolo del CONOE e il valore del riciclo
Dal 2001 in Italia opera il CONOE, Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti. Il suo compito è coordinare e monitorare la filiera, garantendo che il rifiuto non venga disperso e possa invece trasformarsi in risorsa. Secondo le stime diffuse dallo stesso consorzio, un solo chilo di olio esausto può diffondersi fino a ricoprire mille metri quadrati di superficie acquatica, un dato che rende immediata la portata del problema.
Eppure, quello stesso olio, se raccolto correttamente, diventa materia prima per produrre biodiesel e altri prodotti legati all’economia circolare. È un esempio concreto di come un rifiuto pericoloso possa essere trasformato in energia rinnovabile, riducendo l’impatto sull’ambiente e creando valore economico. Per i cittadini, il compito resta semplice: raccogliere l’olio in bottiglie o taniche ben chiuse e conferirlo nei centri di raccolta o nei contenitori dedicati installati in alcuni quartieri. Un piccolo gesto quotidiano che, moltiplicato per milioni di famiglie, può evitare danni enormi e contribuire a un sistema più sostenibile.