La tassa green dell’Europa rischia di colpire chi paga già troppo: cosa succede davvero - www.ecoblog.it
Il piano Ue per ridurre l’uso di gas e petrolio passa da un nuovo sistema fiscale che l’Italia contesta duramente: aumenti in vista per cittadini e industrie
L’Unione europea spinge sull’acceleratore della transizione energetica e prepara una riforma fiscale destinata a colpire direttamente chi utilizza combustibili fossili. A Bruxelles si discute da mesi di una nuova tassazione sull’energia che cambierà le regole per gas, metano e petrolio, puntando a renderli più costosi e meno competitivi. Il provvedimento rientra nel quadro più ampio del Green Deal europeo, ma secondo il governo italiano rischia di trasformarsi in un boomerang per l’economia nazionale. La data chiave è il 13 novembre, quando i ministri delle Finanze dell’Ue si sono riuniti per affrontare il dossier all’Ecofin. In quell’occasione il ministro Giorgetti ha ribadito la contrarietà dell’Italia, parlando apertamente di un pericolo per la manifattura e le famiglie.
Cosa prevede la riforma e quali saranno gli effetti diretti sulle bollette
Il cuore della proposta europea è la revisione della Energy Taxation Directive, che modifica le aliquote sui carburanti non più in base al volume ma in base al contenuto energetico e all’impatto ambientale. In concreto, chi utilizza prodotti energetici più inquinanti pagherà una tassa più alta, senza più distinzioni o esenzioni parziali. Saranno eliminate progressivamente le agevolazioni sul riscaldamento domestico e scompariranno le esenzioni per il trasporto marittimo, aereo e per la pesca.

Il principio alla base della riforma è quello di spingere gli Stati a usare energia pulita, rendendo sempre meno conveniente l’utilizzo di fonti fossili. Ma se i costi di gas, metano e petrolio aumentano per le imprese, è molto probabile che questi rincari vengano trasferiti anche ai consumatori finali, facendo salire le bollette e i prezzi al dettaglio.
Il problema principale, evidenziato da più Paesi del sud Europa, è che queste norme sono state pensate prima della guerra in Ucraina e della conseguente crisi energetica. Oggi la situazione è cambiata, le famiglie sono già sotto pressione per i costi della vita e il rischio concreto è che una “tassa green” mal calibrata diventi un peso insostenibile per intere fasce della popolazione.
Le ragioni dell’Italia e le preoccupazioni per il tessuto produttivo nazionale
Il governo italiano ha assunto una posizione chiara: no a una riforma che penalizza chi già ha fatto progressi. Il caso più evidente è quello della siderurgia. In Italia, il 90% dell’acciaio viene prodotto con forni elettrici alimentati con rottami metallici, un sistema a basso impatto ambientale rispetto ai metodi tradizionali. Secondo la premier Giorgia Meloni, misure come il Carbon Border Adjustment Mechanism (che tassa i prodotti ad alta intensità di carbonio in arrivo da Paesi extra-Ue) si sono rivelate dannose per l’industria italiana, spingendo verso la delocalizzazione.
Il rischio principale è che le imprese italiane si trovino a pagare più degli altri, mentre concorrenti esteri – esenti dalle stesse regole – riescono a offrire prodotti a prezzi più bassi. Un danno doppio: meno investimenti in innovazione e perdita di competitività.
In più, il sistema produttivo italiano è ancora fortemente dipendente dal gas, sia per la produzione elettrica sia per la manifattura. Se la nuova tassa porterà a un aumento degli oneri sul gas, le ricadute saranno inevitabili anche per il settore privato, con ricarichi sui beni di consumo, sull’energia domestica e su servizi essenziali.
L’armonizzazione voluta da Bruxelles prevede anche la riduzione degli incentivi alle imprese energivore, quelle che consumano molta energia per produrre, aggravando ulteriormente il quadro.
Mentre l’Ue spinge per chiudere il dossier entro la fine dell’anno, l’Italia e altri Paesi membri chiedono di rivedere il testo, adattandolo alle nuove condizioni economiche. La sfida sarà trovare un equilibrio tra la spinta alla decarbonizzazione e la tutela di un sistema economico che rischia di essere travolto da regole troppo rigide in un momento troppo fragile.
