TARI, questi Comuni ti fanno risparmiare fino al 50%: scopri subito se sei tra i fortunati - ecoblog.it
Nel 2025 la Tari cresce del 3,3%, media a 340 euro. In questa città il dato sale a 402 euro con forti differenze tra province.
Nel 2025 la Tari torna ad aumentare in quasi tutte le regioni italiane, spingendo la spesa media nazionale a quota 340 euro annui. È il dato principale emerso dal nuovo Rapporto dell’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva, che evidenzia una crescita del +3,3% rispetto al 2024. L’incremento interessa 95 capoluoghi su 110, riflettendo una crisi strutturale che riguarda costi, impianti e partecipazione civica. Solo Molise, Valle d’Aosta e Sardegna si sottraggono alla tendenza generale. Tutto il resto del Paese registra aumenti, con il Sud che resta l’area più penalizzata.
La Sicilia supera i 400 euro: Catania maglia nera, Palermo tra i peggiori, Siracusa sorprende
Nel dettaglio, la Sicilia raggiunge una media di 402 euro l’anno, posizionandosi tra le regioni più care d’Italia. Il dato è in crescita del 3,1% rispetto al 2024, quando la media era ferma a 390 euro. Ma più che la cifra in sé, sono le forti disparità tra province a colpire. A Catania, la Tari tocca i 602 euro, il valore più alto di tutta l’Isola. Seguono Trapani e Agrigento, che restano sopra la media.

Palermo, il capoluogo regionale, registra un aumento del 7,8% che porta la spesa a 361 euro. Un dato preoccupante se si considera che, nonostante l’aumento, la raccolta differenziata a Palermo è ferma al 16,9%, una delle più basse in Italia. Fa eccezione Siracusa, l’unica tra le nove province siciliane a segnare un leggero calo tariffario.
Altrove si notano differenze meno marcate: Enna, Messina e Caltanissetta mantengono livelli tariffari più contenuti. L’andamento della Tari, però, non può essere separato dalla produzione di rifiuti urbani, che in Sicilia si attesta a 449,2 kg pro-capite. Un calo rispetto agli anni precedenti, ma con Catania che continua a produrre più rifiuti di tutte le altre città, seguita da Siracusa e Palermo. Le province meno “produttive” restano Enna e Messina, più contenute anche nei costi.
Raccolta differenziata al 55% in Sicilia, ma Palermo è fanalino di coda nazionale
Il tema della raccolta differenziata è il vero nodo della questione. In Sicilia la percentuale media regionale si ferma al 55,2%, in lieve miglioramento rispetto all’anno precedente ma ancora distante dal dato nazionale del 66,6%. Il quadro è frammentato: Ragusa e Agrigento superano il 70%, confermandosi tra le realtà più virtuose dell’Isola, mentre Palermo e Catania arrancano, rispettivamente con il 16,9% e il 34,7%.
Il dato di Palermo in particolare — capoluogo regionale e città più popolosa — rappresenta una delle performance peggiori a livello nazionale, segno di una macchina amministrativa in difficoltà e di una partecipazione civica ancora fragile.
Secondo il rapporto, il problema non è solo di efficienza, ma anche di fiducia tra cittadini e amministrazioni locali. Per questo Cittadinanzattiva propone di rafforzare strumenti come la TARIP, ovvero la tariffazione puntuale che premia chi produce meno rifiuti e differenzia meglio. Altro elemento chiave è il Portale TARI, che permette di confrontare costi e performance a livello comunale.
A livello nazionale, nel frattempo, si registra una produzione media di rifiuti di 496 kg pro-capite, al di sotto della media UE ma con gravi disuguaglianze tra Nord e Sud. Nel Settentrione si differenzia di più (73%) e si paga di meno (290 euro), mentre al Sud la spesa sale a 385 euro ma la raccolta si ferma al 59%. Il Centro Italia si colloca a metà: 364 euro e 62% di raccolta.
Il Sud resta penalizzato dalla scarsità di impianti, in particolare per il trattamento della frazione organica. Questo provoca sprechi, trasporti lunghi, costi maggiori. La Sicilia ne è un esempio evidente. Ridurre il divario infrastrutturale, migliorare la comunicazione ai cittadini e rendere più trasparente la gestione sono oggi condizioni imprescindibili per un sistema sostenibile.
