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Cronaca ambientale

Terra dei Fuochi, Raffaele Cantone: «Carmine Schiavone ha detto un sacco di stupidaggini»

Dopo i veleni sparsi dal pentito Carmine Schiavone ecco arrivare le prime reazioni di chi conosce bene la Terra dei fuochi e non si lascia ingannare dagli allarmismi. Ecco la nostra mini inchiesta

Raffaele Cantone magistrato nato a Giugliano dice la sua in merito alle dichiarazioni fatte poco più di un mese fa dal pentito Carmine Schiavone (dal min. 40):

Io ho sentito le cose che ha detto Schiavone e le ho sentite da più parti. Sono felice che queste cose che ha detto Schiavone abbiano potuto accendere un faro, ma lasciatemi dire che Schiavone ha detto un cumulo di stupidaggini. Si è pentito nel 1993 e se aveva da dire queste cose importanti perché non le ha dette ai magistrati? Schiavone è uscito dal programma di protezione. Schiavone però ci ha dato questa opportunità perché conosciamo benissimo i meccanismi mediatici come si muovono, da qui a 6 mesi nessuno si ricorderà della terra dei fuochi.

La dichiarazione è la necessaria premessa ai dati che seguono: la regione Campania conta 135 mila aziende agricole che occupano circa 150 mila ettari e che sono pari all’8% delle imprese agricole italiane; nel 2012 hanno assunto il 10,6% di giovani; le aree inquinate sono pari a un migliaio di ettari e non sono coltivati. Per quanto riguarda le aree in cui sono stati ritrovati i rifiuti tossici queste restano da circoscrivere.

Carmine Schiavone ha lanciato le sue polpette avvelenate alla fine di agosto, non solo attraverso le tv nazionali, ma sopratutto attraverso le tv locali della Campania. Per giorni ha raccontato quello che i magistrati sanno da almeno 20 anni e non solo attraverso le sue dichiarazioni, ma anche attraverso i racconti verbalizzati e oggetto di indagini e riscontri in sede di processi.

In merito in una nota diffusa dalla pagina Fb Agriverde soc. Coop scrive:

Mostrare una inquadratura di un campo di pomodoro da industria, solo dal lato del muro di cinta di una vecchia discarica, senza mostrare il resto della bellissima campagna circostante, indicare le emissioni di biogas (metano) derivante dalla digestione anaerobia di sostanza organica come “fumarole derivanti da chissà quale reazione chimica”, mostrare un cavolfiore attaccato da un fungo (alternaria) come il risultato di chissà quale inquinamento, destare il sospetto che chissà cosa ci sia dietro il basso prezzo del pomodoro da industria quando 8 cent. al kg è il prezzo contrattato tra le Organizzazioni di Produttori e i rappresentanti delle industrie di trasformazione, intervistare una giovane mamma malata terminale, portare le telecamere in un cimitero mostrando tombe di bambini che si sostiene siano morti di malattie tumorali e far passare il messaggio che tali morti siano legate al consumo di prodotti ortofrutticoli prodotti in zona è un qualcosa che ha un potere comunicativo devastante.

Come rileva Raffaele Cantone, ora che un faro si è acceso sulla Terra dei fuochi lavoriamo per smantellare i depositi di ecoballe che sono la vera emergenza.

Confagricoltura: Inquinamento a macchia di leopardo

Incontro Tommaso Picone direttore di Confagricoltura nella sede di Caserta. E’ la memoria storica dell’associazione agricola ed è colui che ha il polso della situazione relativa al casertano. Ha in ufficio faldoni che racchiudono la storia dell’inquinamento sin dai primi anni ’80 e relativamente alle contaminazioni da diossine. Ricorda bene cosa è accaduto e le soluzioni cercate prima di arrivare alla cronaca di questi giorni che hanno mostrato piante di pomodori coltivate a ridosso dell’ex discarica Resit a Giugliano che cade per territorio in altra zona rispetto al casertano. L’Arpac, l’agenzia regionale protezione ambientale Campania, pubblica i sui report e bollettini in merito all’inquinamento. (Legambiente al contrario ha spiegato che per la stesura del suo report Pesticidi nel piatto 2012 non ha ricevuto da Arpac i dati relativi alle analisi sull’ortofrutta in Campania, ma parliamo di contaminazione da pesticidi e dunque siamo in un ambito diverso di analisi che sono svolte per target, ossia che cercano determinate molecole e ne escludono altre).

Mi racconta Picone la storia dell’inquinamento nel casertano, spiegandomi che attualmente sono in atto controlli a campione per verificare la salubrità dei prodotti agricoli. Mi spiega:

Dalla Forestale alla Guardia di finanza sono tutti a conoscenza del problema e ognuno svolge la sua parte per contrastare il fenomeno e assicurare che i prodotti siano salubri.

La Campania ha vaste aree agricole e non tutte sono inquinate, anzi il fenomeno interessa la regione a macchia di leopardo con zone conosciute per la presenza di inquinamento. La richiesta ora è di circoscrivere queste zone e di destinarle al no food per il tempo necessario alle bonifiche. Anche se su questo punto Picone apre un ragionamento più ampio, chiedendo che siano bonifiche mirate e strutturate alle necessità del terreno:

basterebbero in alcuni casi anche coltivazioni di lupini che riescono a estrarre piombo e mercurio in grande quantità.

D’altronde la crisi dell’emergenza rifiuti nel 2008 e ancor prima con la mappatura delle contaminazioni da diossine nel 2002 che già misero dura prova le eccellenze della regione Campania che per volume di produzione di prodotti ortofrutticoli nazionali è seconda all’Emilia Romagna e precede la Sicilia.

Inquinamento in Campania a macchia di Leopardo

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Il fenomeno dello sversamento di rifiuti illegali sembra essersi fermato, come confermato dallo stesso magistrato Cantone, per una serie di motivi che vanno dall’esaurimento dei terreni e cave disponibili all’indebolimento, attraverso le azioni della magistratura, dei clan che gestivano l’affare dei rifiuti illegali.

Restano in piedi però o fenomeni dei roghi illegali che poi hanno dato vita al fenomeno che conosciamo sotto il nome di terra dei Fuochi e qui Picone ha da dire diverse cose. La prima riguarda i mancati accordi per il conferimento nelle isole ecologiche dei rifiuti speciali che provengono dalle piccole fabbriche della zona. Mi mostra un decreto poi bocciato nel 2008 dall’ex ministro Pecoraro Scanio e che in sostanza prevedeva che chiunque potesse portare nei centri di raccolta i rifiuti e ciò per evitare che fossero sversati dive capitava; un secondo punto di debolezza è rappresentato dall’assenza del consorzio Polieco che dovrebbe provvedere al recupero delle plastiche usate in agricoltura. E’ stato sollecitato in diverse sedi ma al momento, mi spiega Picone, non si hanno novità in merito.Queste plastiche per un certo periodo di tempo, grazie all’accordo tra Provincia di Caserta e gli assessori La Caiola e L’Aquila, furono conferiti in piattaforme di raccolta situate a Villa Literno, Macerata e Sparanise e usate dagli agricoltori della zona, perchécome mi fa notare Picone:

Se c’è un problema e offri una soluzione logica le persone sono disposte a partecipare.

La gestione fu sostenuta per un anno, nel 2007, dalla Provincia di Caserta e l’anno successivo dagli industriali, poi più nulla.

L’agroalimentare campano è ancora eccellenza

Sono molti gli operatori del settore agroalimentare e agricolo che in queste ore stanno manifestando il proprio dissenso verso una campagna mediatica denigratoria e falsa rispetto alla qualità delle eccellenze agricole che sono presenti in Campania. Come sottolineava Picone l’inquinamento presente è a macchia di leopardo e non tutte le aree agricole sono inquinate.

Come scrive d’altronde Agriverde Soc. coop agricola sulla sua pagina Fb:

Purtroppo, ci tocca evidenziare come, sia pur inconsapevolmente, personaggi che ormai hanno acquisito una notorietà nazionale, si stanno facendo strumentalizzare da quegli stessi gruppi criminali che hanno gestito il business dello smaltimento illegale dei rifiuti e che ora mirano al business delle cosiddette “bonifiche”.

Ora, è innegabile, e sotto gli occhi di tutti, che ci sia stato smaltimento illegale di rifiuti, ma certamente è stato puntuale e circoscritto. Che tipo di danno ambientale ne consegua, sarebbe da approfondire.

Per quanto riguarda, invece, le eventuali conseguenze sulla frutta e gli ortaggi coltivati in aree inquinate od a rischio inquinamento, il modo corretto di affrontare la questione è quello utilizzato dalla GDO, ed in particolare da Coop Italia, nel 2008, all’epoca della crisi rifiuti in Campania (vedi allegato). All’epoca furono individuati i terreni più a rischio e furono effettuate analisi sui prodotti agricoli ivi coltivati.

Le evidenze derivanti da quella indagine, affidata al massimo esperto italiano di inquinamento da microinquinanti, il dr. Raccanelli dell’INCA di Marghera, furono del tutto rassicuranti.

Il caso dei controlli Coop

Infine, ho contattato la Coop chiedendo appunto come si sono regolati in merito alle coltivazioni provenienti dalle aziende del basso casertano. Non dimentichiamo che la mozzarella dop proviene proprio da quelle aree così come alcuni prodotti agricoli di grande pregio. Ecco la risposta di Coop che pubblico per intero:

La problematica ripresentata dalla trasmissione LE IENE, inerente gli smaltimenti irregolari dei rifiuti avvenuti nella regione Campania ( a nord di Napoli e basso Casertano) e delle potenziali contaminazioni dei prodotti ortofrutticoli coltivati in quell’area è da Coop Italia da tempo conosciuta e tenuta sotto controllo.

Nell’ortofrutta a fresca marchio Coop è un prerequisito la conoscenza e il completo controllo della filiera di tutte le azienda agricole /appezzamenti.

Su tutta l’ortofrutta fresca Coop è riportato in etichetta, in maniera volontaria per la massima trasparenza nei confronti del consumatore, oltre l’origine del paese (obbligatorio per legge), anche la regione e un codice
di tracciabilità dal quale si risale fino all’appezzamento di coltivazione.

Inoltre il capitolato di fornitura Coop stabilisce nella visita annuale da effettuarsi presso le aziende agricole la verifica che i campi non siano vicini a potenziali fonti di inquinamento ambientale (inceneritori, discariche, grandi fabbriche ecc..), tale aspetto è un prerequisito da rispettare, pena la mancata possibilità di usare quella/quelle az. agricola nelle produzioni per Coop;

Nel 2008 Coop Italia a seguito dell’emergenza rifiuti in Campania fece studio prendendo in esame matrici ortofrutticole (carciofi, finocchi, fragole, lattuga) cresciute vicino a zone di forte contaminazione: discariche, siti di stoccaggio di ecoballe, depositi a cielo aperto di rifiuti, nella zona di Giugliano (NA). Gli esiti furono rassicuranti, ovvero si confermò che le matrici vegetali non sono soggette a residuare contaminanti di Diossine, PCB, metalli pesanti, anche se in prossimità ad importanti fonti di inquinamento.

Al momento in quella zona abbiamo un unico fornitore di fragole a marchio Coop la Coop Soledella Moc Mediterraneo, che commercializziamo nel periodo marzo- maggio di ogni anno. Il fornitore effettua preventivamente l’analisi di Diossine e metalli pesanti ogni singola azienda / appezzamento.

Per i prodotti non a marchio Coop abbiamo richiesto ai fornitori di eliminare/limitare gli approvvigionamenti dalle aree interessate dallo smaltimento irregolare dei rifiuti; nel caso di acquisto di procedere a controlli preventivi a campione di Diossine, PCB e metalli pesanti presso laboratori qualificati da Coop.

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