
Elon Musk (ecoblog.it)
L’esperimento pionieristico di Neuralink, la startup fondata da Elon Musk con l’obiettivo di connettere la mente umana al computer tramite impianti neurali, ha vissuto un momento critico con il primo uomo paralizzato che ha ricevuto il chip. Noland Arbaugh, tetraplegico a seguito di un incidente nel 2016, è stato il primo paziente a sperimentare il dispositivo, che prometteva di tradurre i pensieri in comandi per il controllo del PC. Tuttavia, dopo oltre un anno dall’intervento, sono emersi problemi che hanno compromesso la funzionalità del sistema.
Il progetto Neuralink e la storia di Noland Arbaugh
Nel gennaio 2024, Noland Arbaugh ha ricevuto l’impianto sperimentale chiamato Telepathy, un sistema di interfaccia cervello-computer (Brain-Computer Interface, BCI) progettato per decodificare gli impulsi cerebrali relativi ai movimenti e alla parola. L’impianto è costituito da 64 fili e 1024 elettrodi impiantati nel cervello che, tramite intelligenza artificiale, traducono i segnali neurali in comandi per muovere un cursore sullo schermo di un computer portatile. Questo sistema avrebbe dovuto consentire ad Arbaugh, paralizzato dal collo in giù, di controllare dispositivi digitali attraverso il pensiero, restituendogli una parte significativa di autonomia.
La storia personale di Arbaugh è segnata da un grave trauma: nel 2016, durante una nuotata in un lago, ha subito una lesione del midollo spinale che lo ha lasciato tetraplegico. Prima dell’intervento Neuralink, la sua comunicazione e interazione con il mondo digitale avvenivano tramite un mouth stick, un lungo pennino che manovrava con la bocca per usare un iPad, metodo lento e faticoso che limitava fortemente la sua indipendenza.
L’impianto Neuralink ha rappresentato per lui una svolta: con il chip ha potuto controllare il cursore del computer quasi esclusivamente con la forza del pensiero, navigare in internet e persino giocare, migliorando notevolmente la qualità della sua vita quotidiana. Il suo caso è stato seguito con interesse globale, poiché ha stabilito un primato nell’uso della BCI per il controllo diretto del computer da parte di una persona paralizzata.
Le complicazioni tecniche: cicatrizzazione e distacco degli elettrodi
Nonostante l’entusiasmo iniziale, il sistema ha presto manifestato criticità. Dopo poco più di un mese dall’impianto, l’85% degli elettrodi si è staccato dal tessuto cerebrale, compromettendo la capacità di Arbaugh di utilizzare il dispositivo. La causa non è stata un malfunzionamento elettronico, bensì una risposta biologica imprevista: il tessuto cerebrale intorno ai fili impiantati ha cicatrizzato più lentamente del previsto. Questa cicatrizzazione ritardata ha provocato movimenti imprevisti dei cavi all’interno del cranio, rendendo inutilizzabili la maggior parte degli elettrodi.

Gli specialisti di Neuralink hanno lavorato per migliorare la registrazione dei segnali neurali con gli elettrodi ancora funzionanti, permettendo ad Arbaugh di recuperare parzialmente il controllo del cursore. Tuttavia, la perdita di gran parte degli elettrodi ha limitato significativamente le potenzialità del sistema e ha fatto sorgere dubbi sulle tempistiche e sull’efficacia a lungo termine della tecnologia.
Arbaugh stesso, pur consapevole dei limiti e dei rischi, ha deciso di continuare con la sperimentazione. È stato informato sin dall’inizio che l’impianto avrebbe una durata limitata: il chip sarà rimosso entro cinque anni dall’intervento, e con la sua estrazione Arbaugh perderà nuovamente la capacità di comunicare tramite il pensiero.
Neuralink, Musk e le sfide dell’interfaccia cervello-computer
Fondata nel 2016 da Elon Musk e un team di scienziati, Neuralink si propone di sviluppare dispositivi in grado di collegare direttamente il cervello umano con computer e intelligenze artificiali. Musk, imprenditore noto per il suo ruolo in Tesla, SpaceX e altre aziende tecnologiche, ha sempre sottolineato il potenziale rivoluzionario di questa tecnologia per persone con disabilità motorie e, più in generale, per l’interazione uomo-macchina.
Il successo iniziale di Arbaugh aveva acceso le speranze per una nuova era di autonomia per chi soffre di paralisi e altre disabilità gravi. Tuttavia, la risposta biologica del tessuto cerebrale e le difficoltà tecniche emerse evidenziano come la tecnologia sia ancora in fase sperimentale e richieda ulteriori perfezionamenti.
Neuralink non è l’unica realtà che lavora sulle interfacce neurali, ma il progetto è tra i più ambiziosi e seguiti a livello mondiale. Gli sviluppi futuri dipenderanno dalla capacità di superare le sfide mediche e tecnologiche, come la biocompatibilità degli impianti e la stabilità a lungo termine degli elettrodi.
Il ruolo di Noland Arbaugh e il futuro della sperimentazione
Arbaugh, oggi trentenne, ha raccontato in diverse interviste la sua esperienza come “paziente zero” di Neuralink. La sua testimonianza è caratterizzata da una forte determinazione e da una visione ottimistica nonostante le difficoltà. Ha ammesso di aver pianto quando ha scoperto che gran parte degli elettrodi si era staccata, ma ha scelto comunque di proseguire con lo studio per contribuire all’avanzamento della ricerca.
Durante la sperimentazione, Arbaugh ha ricevuto supporto costante dal team di scienziati e ha continuato a migliorare le sue capacità di controllo del computer tramite il chip. La sua esperienza ha fornito dati preziosi per la messa a punto della tecnologia e per la selezione di nuovi partecipanti agli studi clinici.
Il percorso di Arbaugh si concluderà con la rimozione del dispositivo entro il 2029, ma la sua partecipazione ha aperto la strada a nuove possibilità per le persone con disabilità gravi. Neuralink e altre aziende del settore continueranno a lavorare per rendere le interfacce neurali più affidabili, durature e accessibili.
Elon Musk, imprenditore di origine sudafricana naturalizzato statunitense, è al centro di molteplici progetti tecnologici innovativi, tra cui Neuralink, Tesla e SpaceX. La sua visione ha trasformato settori diversi, ma il caso di Neuralink e di Noland Arbaugh evidenzia come la frontiera delle interfacce cervello-computer sia ancora in fase di consolidamento e richieda ulteriori progressi per diventare una realtà stabile e diffusa.