
Le novità della riforma pensionistica post Fornero(www.ecoblog.it)
È ormai ufficiale: la legge Fornero sarà superata da una nuova riforma delle pensioni che entrerà probabilmente in vigore a partire dal 2026.
Questo cambiamento epocale segna la fine dell’era introdotta nel 2011 dal governo Monti, che aveva profondamente modificato il sistema previdenziale italiano in un contesto di crisi economica. La nuova normativa si fonda su tre pilastri fondamentali: flessibilità in uscita, penalizzazioni e premi, con l’obiettivo di garantire un sistema più equo e sostenibile, in linea con le nuove esigenze demografiche e sociali.
Dal 2027, o negli anni immediatamente successivi, è previsto un ulteriore innalzamento dell’età pensionabile, dovuto all’aumento dell’aspettativa di vita. Parallelamente, è probabile un incremento del requisito contributivo per accedere alla pensione anticipata ordinaria. Tuttavia, la nuova riforma promette di introdurre una maggiore flessibilità, che si traduce in opzioni di uscita anticipata dal lavoro, condizionate da meccanismi di incentivazione e penalizzazione.
Le misure chiave della riforma includono:
- flessibilità in uscita con opzioni alternative alle pensioni ordinarie;
- penalizzazioni per chi sceglie di andare in pensione anticipatamente;
- premi per chi rimane a lavorare oltre i requisiti minimi;
- un ruolo più centrale alla previdenza complementare;
- l’introduzione di criteri basati sull’ISEE per modulare l’accesso alla pensione.
In particolare, la flessibilità sarà garantita da due principali strumenti:
- la possibilità di pensionarsi a 64 anni, con almeno 25 anni di contributi, senza dover attendere i 67 anni previsti per la pensione di vecchiaia ordinaria;
- la cosiddetta Quota 41 flessibile, che consente il pensionamento con 41 anni di contributi e almeno 62 anni d’età, come alternativa alla pensione anticipata ordinaria che oggi richiede almeno 42 anni e 10 mesi di versamenti per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.
Penalizzazioni e incentivi per la flessibilità pensionistica
L’introduzione di flessibilità è accompagnata da un sistema di premi e penalizzazioni: chi decide di anticipare l’uscita dal lavoro dovrà accettare una riduzione dell’assegno pensionistico, mentre chi sceglie di prolungare l’attività lavorativa potrà beneficiare di incrementi economici.
Le penalizzazioni riguarderanno, ad esempio, il calcolo contributivo dell’assegno per chi esce a 64 anni, anche se ha iniziato a versare contributi prima del 1996 e avrebbe quindi diritto al calcolo misto più favorevole. Questo comporterà una riduzione dell’importo pensionistico rispetto alle regole attuali.
Al contrario, per chi resta in servizio fino a 67 anni o oltre, si prevede il ritorno al calcolo misto, il miglioramento del coefficiente di trasformazione e l’accumulo di ulteriori contributi, con un conseguente aumento dell’importo finale della pensione.
Inoltre, saranno reintrodotti incentivi già sperimentati in passato, come il Bonus Maroni e il più recente Bonus Giorgetti, che prevedono sgravi contributivi e un aumento pari a circa il 10% dello stipendio per ogni periodo di permanenza lavorativa oltre il limite minimo di accesso alla pensione.
Per la Quota 41 flessibile, le penalizzazioni saranno graduali: un taglio del 10% sulla pensione per chi esce a 62 anni (pari al 2% per ogni anno di anticipo), dell’8% per chi lascia a 63 anni, e così via.

Una delle innovazioni più significative riguarda il collegamento tra pensioni e ISEE. Per la prima volta, la possibilità di andare in pensione potrà dipendere anche dalla situazione economica e patrimoniale del lavoratore.
Per esempio, sulla Quota 41 flessibile si sta valutando di applicare le penalizzazioni solo a chi ha un ISEE superiore a 35.000 euro, esentando quindi dalla decurtazione coloro con redditi e patrimoni più bassi. Questa misura punta a garantire una maggiore equità sociale nel sistema pensionistico.
Altro punto cruciale della riforma riguarda la previdenza complementare, che assumerà un ruolo sempre più centrale. In futuro, per poter accedere anticipatamente alla pensione, sarà spesso necessario integrare la pensione pubblica con forme di risparmio privato o utilizzare il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) come leva per anticipare l’uscita dal lavoro.
Questo sistema integrato mira a garantire una maggiore sicurezza economica durante la vecchiaia e a sostenere la sostenibilità finanziaria del sistema nel lungo termine.