
L'inquinamento della moda e della fast fashion - Ecoblog.it
In 6 anni la moda e i nostri consumi stanno mettendo a dura prova l’ambiente e anche l’economia di alcuni Paesi.
Negli ultimi sei anni abbiamo consumato risorse naturali pari a quasi un secolo di utilizzo, un dato che evidenzia l’allarmante velocità con cui l’umanità sta esaurendo le risorse del pianeta. Secondo il Circularity Gap Report 2024, tra il 2016 e il 2021 il consumo globale di materiali ha raggiunto quasi 6 miliardi di tonnellate, corrispondenti a oltre il 75% del totale utilizzato nell’intero XX secolo.
Questo ritmo insostenibile mette a dura prova la capacità rigenerativa della Terra, che non riesce a tenere il passo con un consumo superiore di 1,75 volte rispetto alla sua capacità di rigenerazione.
Il consumo globale e la crisi delle risorse naturali
La Terra non è stata progettata per sostenere un modello di sviluppo così accelerato. Se tutta la popolazione mondiale adottasse lo stile di vita di un cittadino americano medio, servirebbero 5 pianeti per soddisfare quel livello di consumo. Questo scenario mette in luce l’urgenza di una trasformazione culturale radicale che coinvolga tutti gli attori sociali. Particolarmente emblematico è il settore della moda, dove la diffusione della fast fashion ha creato un fenomeno di consumo incontrollato e dannoso.
Oggi acquistiamo cinque volte più vestiti rispetto agli anni ’80, alimentando una cultura del “più è meglio” che ha trasformato gli acquisti in una forma di gratificazione immediata, spesso senza considerare l’impatto ambientale e sociale. La pressione esercitata dai social media amplifica questo meccanismo, spingendo soprattutto i più giovani verso consumi impulsivi e poco sostenibili. La velocità con cui si susseguono le tendenze di moda ha portato a un aumento esponenziale degli armadi stracolmi di capi spesso mai indossati o usati poche volte. Questo fenomeno è aggravato dalla stigmatizzazione del riutilizzo e della riparazione, considerati quasi tabù in un contesto dominato dall’usa e getta.
L’elevata domanda di materiali per la produzione tessile ha contribuito in modo significativo alla “triplice crisi planetaria”: cambiamento climatico, perdita di biodiversità e inquinamento. L’estrazione di risorse, infatti, è triplicata negli ultimi 50 anni e si prevede un ulteriore aumento del 60% entro il 2060. La sfida principale è invertire questa tendenza attraverso la diffusione di un modello di consumo più consapevole e sostenibile. L’economia circolare rappresenta una strategia fondamentale per trasformare le pratiche lineari di produzione e consumo che da troppo tempo causano danni irreversibili. Questo modello promuove il design circolare, la riparazione, il riuso e il riciclo, ma soprattutto introduce il concetto di sufficienza.

Secondo l’IPCC, la sufficienza consiste in politiche e pratiche quotidiane volte a ridurre la domanda di energia, materiali, terra e acqua, garantendo nel contempo il benessere umano entro i limiti ecologici del pianeta. Per i paesi ad alto reddito, significa ridurre drasticamente il consumo superfluo, senza rinunciare alla qualità della vita. La transizione verso un consumo più responsabile non richiede sacrifici estremi, ma scelte consapevoli e pratiche semplici, come:
- Evitare acquisti compulsivi basati solo sul prezzo scontato.
- Utilizzare completamente un prodotto prima di sostituirlo.
- Preferire l’acquisto di articoli di seconda mano.
- Puntare sulla qualità piuttosto che sulla quantità, scegliendo capi durevoli anziché usa e getta.
- Riparare e riutilizzare oggetti per prolungarne la vita.
- Applicare la regola delle 30 volte: acquistare un capo solo se si prevede di indossarlo almeno 30 volte.
Questi accorgimenti, se adottati su larga scala, possono contribuire significativamente a ridurre l’impronta ecologica individuale e collettiva. Seppur importante, il riciclo da solo non può risolvere il problema. Continuare a estrarre e utilizzare risorse senza modificare radicalmente i modelli di consumo significa perpetuare un circolo vizioso insostenibile. Il Circularity Gap Report 2021 evidenziava che potremmo vivere bene consumando solo il 70% dei materiali attuali, tornando a livelli di utilizzo simili a quelli degli anni Settanta.
La sfida è dunque passare da un’economia lineare a una circolare, facendo scelte consapevoli che migliorino la qualità della vita, preservino il pianeta e tutelino le risorse per le generazioni future.