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Pakistan, riserve d’acqua per un mese e troppa deforestazione

Le risorse idriche e forestali sono in calo nel paese asiatico, a fronte di una popolazione in crescita stabile.

Il Pakistan è tra i paesi più vulnerabili ai cambiamenti climatici, dato che si prospetta un aumento di temperature di ben 2,8 °C verso il 2070 (a fronte di una media mondiale di 0,6 °C).

Ciò avviene in una nazione fortemente popolata (180 milioni di abitanti) e affetta da scarsità d’acqua. Secondo un rapporto della banca di sviluppo asiatica, il paese ha riserve d’acqua solo per un mese, a fronte di una valore ottimale di tre anni. Il prelievo di acqua dalla falda supera inoltre largamente le capacità naturali di ricarico, per cui il livello degli acquiferi cala tra i 30 e i 100 cm all’anno.

I cambiamenti climatici potrebbero rendere del tutto normali ondate di caldo estremo come quella della scorsa estate (un mese oltre i 38 °C). Uno studio su Nature ha rilevato che le ondate di caldo hanno un impatto significativo sulle migrazioni delle popolazioni dalle zone colpite assai più delle inondazioni. Oltre un terzo del reddito degli agricoltori è stato perduto durante i periodi di caldo e siccità.

Le emissioni di CO2 del paese sono causate per il 15-25% dalla perdita delle foreste. Il Pakistan è il paese con il più alto tasso di deforestazione in Asia e conserva ancora solo il 3-5% delle sue risorse boschive. Il taglio delle foreste è nelle mani di una vera e propria mafia del legname che controlla ogni fase del processo.

In questa situazione già fortemente compromessa, la popolazione aumenta di circa 3 milioni di persone ogni anno: in altre parole ogni dodici mesi, i pakistani devono trovare spazio ad una città come Roma.

Sempre meno risorse, sempre più abitanti; per disinnescare la bomba, occorrerà un grande sforzo internazionale.

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