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Costa Concordia, la società Costa Crociere parte civile: “subiti danni incalcolabili”

Questa mattina il gup di Grosseto Pietro Molino ha ammesso la società Costa Crociere Spa come parte civile nel processo sulla tragedia dell’Isola del Giglio: ecco perchè è un errore.

Nella mattinata di oggi il gup Molino ha reso note le richieste di costituzione parte civile presentate per la tragedia della nave Costa Concordia: accettata quella dell’avvocatura dello Stato, che chiede 37 milioni di euro di danni, dei superstiti del naufragio (500mila euro ciascuno), del Comune dell’Isola del Giglio (che stima i danni in 80 milioni di euro), Regione Toscana, Provincia di Grosseto, Camera di Commercio e Codacons.

Non sono state accolte le richieste del WWF e del Ministero dell’Ambiente (il giudice dell’udienza preliminare ha rilevato l’esistenza di una seconda inchiesta per reati ambientali sullo stesso evento), ma è stata accolta la costituzione di parte civile della società Costa Concordia Spa.

Ciò significa che il gup riconosce il danno subito dalla società proprietaria della nave, come spiegato dal responsabile degli affari legali di Costa Crociere Alessandro Carella:

[…] il danno più grande per cui chiediamo di costituirci parte civile è il mancato guadagno per il mancato utilizzo della nave. In genere, una nave dura per 30 anni, la Concordia ne aveva 6. Le perdite quindi ancora non sono calcolabili.

Quello della costituzione di parte civile della società Costa è l’aspetto più controverso di tutta la vicenda post-incidente: detta in soldoni Costa chiede al responsabile dell’incidente (Schettino o chi per lui lo stabilirà il Tribunale) il risarcimento dei danni derivanti dall’affondamento della nave.

Eppure, nel maggio 2012, le assicurazioni hanno già risarcito Carnival (il colosso mondiale cui fa capo Costa Crociere) staccando un consistente assegno da 500 milioni di dollari, 383 milioni di euro circa, cosa che potete controllare anche nella foto qui sotto: in questo documento la authority statunitense United States Securities and Exchange Commission conferma l’avvenuto risarcimento per Carnival.

Quali soldi stiano dunque chiedendo a titolo risarcitorio è materia per cartomanti; ci ha provato a spiegarlo sempre Carella:

Si tratta di una questione tecnica: finchè l’assicuratore non richiede i danni alla parte, spetta per contratto all’assicurato chiederli.

Solo che l’assicurazione non si è costituita lasciando il posto a Costa Crociere, che chiede i “danni incalcolabili” al Comandante, reo di aver affondato la nave con le sue incaute manovre da viveur.

O, almeno, questa è la linea che si vorrebbe passasse; nelle 700 pagine della richiesta di rinvio a giudizio degli imputati (tra cui appunto Schettino) si narra di un fatto poco dissimile alla tragedia della Concordia, accaduto nelle stesse acque appena sei anni prima: 13 giugno 2005, la nave Costa Fortuna del Comandante Giuseppe Russo,

a circa 300 metri dalla costa vicino Sorrento, la Fortuna urtò un basso fondale e cominciò a imbarcare acqua, proprio poco prima di un saluto all’isola di Capri. […] Il comandante non provvide come avrebbe dovuto a denunciare l’accaduto, ma si limitò a segnalare falsamente che durante la navigazione da Napoli a Palermo c’era stato un anomalo innalzamento della temperatura. […] solo le favorevoli condizioni meteo impedirono il concretizzarsi di una situazione di pericolo.

L’impatto provocò uno squarcio nello scafo profondo un braccio e lungo una decina di metri ma la nave riuscì ad arrivare a Palermo, riparata in Fincantieri e ripartita il 15 giugno. Tutti salvi per fortuna i 3.500 passeggeri. Prontissima la risposta della Costa:

Costa Crociere smentisce categoricamente che la nave Costa Fortuna sia stata coinvolta in una collisione con un basso fondale nei pressi di Capri il 13 giugno 2005, che avrebbe provocato una via d’acqua nello scafo, secondo quanto riportato da un fotografo della nave a bordo in quel periodo.La nave, dopo la partenza dal porto di Napoli, avvenuta alle 19 del 13 giugno 2005, aveva rilevato un problema tecnico minore alla tenuta di un asse porta eliche, che pur non compromettendo la sicurezza della navigazione, aveva consigliato una breve sosta in bacino a Palermo, successivo porto di destinazione della crociera. La riparazione venne eseguita con successo tra il 14 e il 15 giugno 2005. Il 15 giugno la nave potè lasciare il bacino, con certificati rilasciati dal Rina, l’autorità di certificazione competente, e ripartì da Palermo alle 9 per continuare il suo itinerario di crociera previsto.

Questo evento tuttavia sarebbe la “pistola fumante”, la possibile dimostrazione di come il famigerato “inchino” sia stato per anni la prassi delle navi da crociera (non solo le Costa): Sorrento, Capri, Isola del Giglio, Elba, il saluto che da sempre le navi fanno agli abitanti era l’abitudine, una “manovra abituale” come si è sempre difeso il Comandante Schettino, il vero capro espiatorio in una vicenda divenuta grottesca.

Le 32 persone inghiottite dalle acque del Giglio resteranno sempre sulla coscienza del Comandante, ma il tentativo di dividere la condotta di costui dalle politiche di Costa Crociere rende evidente una sorta di scaricabarile che la società sta facendo su Schettino fin dalla notte della tragedia.

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