
Nuova emergenza per l'Italia, questa volta il rischio è del tutto inaspettato - ecoblog.it
In Italia oltre un quarto del territorio è minacciato dalla desertificazione. Il fenomeno cresce con la siccità e il cambiamento climatico: serve un piano immediato di risanamento.
I numeri parlano chiaro: il 28% del suolo italiano è già interessato da processi di desertificazione. La situazione è definita critica da più fonti istituzionali, e in occasione della Giornata mondiale contro la desertificazione e la siccità – celebrata il 17 giugno dalle Nazioni Unite – si torna a fare il punto su un fenomeno che non riguarda più soltanto aree remote o marginali. Il deterioramento del suolo e la progressiva scarsità di acqua minacciano la sicurezza alimentare, la salute pubblica e la tenuta economica di interi territori.
A livello globale, si stima che oltre 1,5 miliardi di ettari di terreno debbano essere ripristinati con urgenza. Il trend non rallenta: entro il 2050, più dei tre quarti della popolazione mondiale potrebbe vivere in zone colpite da siccità e degrado ambientale. L’Italia si colloca tra i Paesi europei più esposti, specie nelle aree del Sud, dove le temperature elevate, la mancanza d’acqua e gli incendi si stanno combinando in un quadro sempre più instabile.
Dati preoccupanti in Italia: calano le riserve idriche e aumentano gli incendi
Secondo le rilevazioni di Ispra e del sistema europeo ESWD, la desertificazione in Italia avanza soprattutto in Sicilia, Sardegna, Puglia e Basilicata, dove si registrano riduzioni idriche superiori al 18% solo nel 2024. La carenza d’acqua non è più un’emergenza stagionale, ma una condizione strutturale. Campi agricoli non irrigati, falde acquifere che si assottigliano, raccolti dimezzati.

A peggiorare la situazione, la stagione incendi 2024 ha avuto effetti devastanti: sedici regioni italiane sono state colpite da grandi roghi, con 514 km² di superfici bruciate, un’area che corrisponde a circa metà della città di Roma. Solo nella provincia di Reggio Calabria, le fiamme hanno distrutto oltre 10 km² di boschi, incidendo sul 10% del totale nazionale delle superfici forestali perse.
Il fenomeno desertificazione non riguarda solo le piante. Ha ricadute dirette sulla qualità dell’aria, sulla produttività agricola e sull’equilibrio degli ecosistemi locali. Si osserva anche una crescente difficoltà nel contenere il dissesto idrogeologico, dato che i suoli secchi perdono la capacità di trattenere l’acqua durante i fenomeni meteorologici estremi.
Strategie globali e investimenti ancora lontani dagli obiettivi
La risposta internazionale è frammentata e ancora troppo lenta. L’iniziativa Global Land Restoration del G20 punta a recuperare oltre un miliardo di ettari di terre degradate. L’ONU stima però che per arrivare al traguardo fissato al 2030 servirebbero 1000 miliardi di dollari l’anno, ovvero quasi 3 miliardi al giorno. I fondi attuali si fermano a 66 miliardi, con appena il 6% proveniente da soggetti privati.
Nel contesto europeo, l’Italia ha promosso la Carta di Venaria durante la presidenza G7, un documento che ribadisce la necessità di dimezzare le aree degradate entro il 2040 e di sostenere la Global Soil Health Initiative. A livello nazionale è stato aggiornato il Piano di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, che punta su prevenzione, gestione sostenibile delle risorse e riduzione delle emissioni agricole.
Il quadro italiano si inserisce in una crisi molto più ampia. In città come Kabul, le falde si sono abbassate di 30 metri in dieci anni. Metropoli come San Paolo, Las Vegas, Città del Capo o Melbourne figurano già tra i centri urbani ad alta vulnerabilità idrica. La desertificazione non conosce confini e agisce in silenzio, compromettendo in modo lento ma progressivo le basi stesse della vita umana.
La questione non è più ambientale in senso stretto. Riguarda produzione alimentare, stabilità politica, migrazioni e sanità pubblica. Serve un’azione integrata, sostenuta da impegni vincolanti e fondi reali. Ogni ritardo, anche minimo, rischia di trasformarsi in una perdita irreversibile.