
L’allarme delle microplastiche nei teli da mare sintetici(www.ecoblog.it)
La scelta del telo da mare non è più un semplice dettaglio di stile o comodità, ma si configura come una decisione dall’impatto ambientale.
Negli ultimi anni, numerosi studi scientifici hanno evidenziato la pericolosità dei teli da mare sintetici, soprattutto quelli realizzati in materiali come poliestere, nylon e microfibra, largamente diffusi per il loro basso costo e la praticità. Tuttavia, questi tessuti rilasciano microplastiche che rappresentano una seria minaccia per gli ecosistemi marini e per la salute umana.
La presenza di microplastiche nei tessuti sintetici è un fenomeno ormai ampiamente documentato. Queste particelle, con dimensioni inferiori ai 5 millimetri, si staccano dai prodotti durante l’uso e, ancor più, al momento del lavaggio. In particolare, i teli da mare in poliestere o microfibra rilasciano fibre invisibili a occhio nudo, ma che si disperdono nell’ambiente, contaminando i mari e le coste.
Le microplastiche, una volta entrate negli ecosistemi marini, vengono ingerite dalla fauna acquatica, accumulandosi nella catena alimentare e arrivando infine anche all’uomo. L’acqua potabile e i prodotti ittici sono infatti tra le principali vie di esposizione a queste particelle. Studi recenti, come quelli condotti dall’Università Vrije di Amsterdam, hanno dimostrato che oltre il 70% del sangue umano campionato contiene tracce di microplastiche, confermando come queste sostanze abbiano ormai contaminato il nostro organismo.
Un ulteriore rischio sanitario deriva dal fatto che i teli sintetici, esposti al sole e al calore, possono rilasciare sostanze tossiche assorbite dalla pelle, come evidenziato da esperti in materia di salute ambientale. Questo fenomeno amplifica i pericoli già noti legati alla microplastiche, suggerendo di evitare il contatto diretto prolungato con questi materiali, soprattutto nelle giornate più calde.
Impatto ambientale delle microplastiche e alternative sostenibili
L’inquinamento da microplastiche è oggi uno dei maggiori problemi ambientali globali. Le microplastiche si originano da numerose fonti, tra cui la frammentazione di rifiuti plastici più grandi (microplastiche secondarie) e il rilascio diretto da prodotti di uso quotidiano (microplastiche primarie). Nel caso specifico dei teli da mare sintetici, il problema è correlato principalmente al rilascio di fibre durante lavaggi e usura.
Le microplastiche persistono nell’ambiente per decenni, contaminando non solo i mari ma anche il suolo e l’aria, con conseguenze negative per la biodiversità e gli ecosistemi terrestri e marini. Per esempio, frammenti di microplastiche sono stati rinvenuti in specie marine come tartarughe, gabbiani e foche, con evidenti ripercussioni sulla loro salute.
Di fronte a questa emergenza, sempre più consumatori e produttori stanno orientandosi verso teli da mare realizzati in fibre naturali come il cotone biologico, materiali che non rilasciano microplastiche e risultano meno impattanti sull’ambiente. Acquistare prodotti naturali, anche se spesso più costosi, rappresenta una scelta responsabile per ridurre l’immissione di plastiche nell’ambiente e limitare la contaminazione della catena alimentare.

L’Unione Europea ha riconosciuto la gravità del fenomeno e ha introdotto diverse misure per contrastare la diffusione delle microplastiche. Tra queste, il divieto di aggiungere microplastiche nei cosmetici e detergenti e la limitazione dei prodotti in plastica monouso, già attuata dal 2020. Inoltre, sono in corso iniziative per migliorare il riciclo dei rifiuti plastici e incentivare l’uso di materiali sostenibili.
Le autorità europee hanno inoltre sollecitato l’adozione di tecnologie innovative per ridurre il rilascio di microplastiche dai tessuti sintetici, come filtri specifici per le lavatrici. Tuttavia, l’efficacia di queste soluzioni dipende in larga misura dalla collaborazione tra consumatori, industrie e istituzioni.
Sul fronte della ricerca, l’attenzione si concentra non solo sull’identificazione delle microplastiche nell’ambiente e negli organismi viventi, ma anche sugli effetti a lungo termine sulla salute umana. Recenti scoperte hanno evidenziato la presenza di microplastiche nella placenta umana e nei tessuti polmonari, suscitando preoccupazioni sulle implicazioni per lo sviluppo fetale e le malattie respiratorie.