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Cronaca ambientale

Nucleare, il trasferimento in notturna di materiale radioattivo spiegato dal Governo

Non si placano le polemiche sul trasferimento in notturna di materiale radioattivo pericoloso dal centro Enea di Rotondella all’aeroporto militare di Gioia del Colle: la spiegazione del governo italiano

Il sottosegretario all’ambiente Marco Flavio Cirillo ha cercato di fare chiarezza, ieri pomeriggio, sul trasferimento di materiale radioattivo pericoloso dal centro Enea Trisaia di Rotondella (Mt) all’aeroporto militare di Gioia del Colle, dinanzi alla Commissione Ambiente della Camera rispondendo a un’interrogazione dell’on. Cosimo Latronico (Pdl).

Una spiegazione che, nonostante i tentativi di annaspare in una fantomatica “trasparenza” non convince pienamente, anche perchè in parte sconfessa la prima versione addotta dalla Sogin (che non dice sostanzialmente nulla), la società statale che si occupa della gestione delle scorie nucleari in Italia:

“Il trasporto effettuato ha permesso di ridurre l’inventario radiologico attualmente presente sul sito. Il quantitativo massimo di materiale nucleare trasportabile, per il quale è stata rilasciata l’autorizzazione, consiste in circa 1.050 grammi di biossido di uranio (UO2) con uranio totale pari a 920 grammi, con arricchimento non superiore al 91%, per circa 828 grammi di uranio 235”

E’ dunque oramai certo che le 84 barre provenienti dal reattore Elk River del Minnesota si trovino ancora in Basilicata, come aveva anticipato anche Ecoblog due giorni fa.

Che cosa c’è, allora, all’interno del centro Enea della Trisaia di Rotondella? Riprendendo i cablogrammi di Wikileaks resi pubblici nel 2011 possiamo enunciare una breve “lista della spesa”: c’è l’uranio arricchito, l’Heu (uranio a gradazione per armi): 15.398,4 grammi (le oramai famose 84 barre trasferite dal reattore Elk River, in disarmo, tra il 1969 e il 1971) unitamente a 92.414,2 grammi irraggiati (uranio fissile altamente arricchito); c’è poi l’uranio a basso arricchimento: 6.069 grammi di uranio impoverito conservato in soluzione nitrata e, in ultimo, una quantità grandissima di uranio naturale: 1.114.042,8 grammi.

Tutto nella pancia della piana di Metaponto, a pochi chilometri dal mare. Anzi, fin dentro il mare, come dimostra questo video girato grazie all’attore lucano Ulderico Pesce, molto attivo sul fronte ambientale per la tutela del territorio della Basilicata.

Al momento non si hanno notizie dei monitoraggi dell’Arpab, che si “fida” di quelli della stessa Sogin (nel più classico dei sistemi “controllato uguale a controllore” che in Italia fa parte della prassi dei monitoraggi ambientali); certo è che il tentativo di far passare l’idea che le barre di Elk River fossero state rimpatriate, in gran segreto durante una notte di luglio, è fallito miseramente; già nel 2006 (anche questo carteggio è stato pubblicato da Wikileaks) l’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta cercò un accordo con gli Stati Uniti per il rimpatrio delle barre, ricevendo questa risposta dall’ambasciatore americano Ronald Spogli:

“L’Ufficio ha accuratamente valutato la tua richiesta. Purtroppo il Department of Energy non può accettare il materiale di Elk River.”

La procura di Bari, che ha aperto d’ufficio un fascicolo per verificare la sussistenza di eventuali reati ambientali, ha annunciato già ieri che con tutta probabilità l’indagine verrà chiusa, dopo che sia l’Arpab sia l’Ispesl (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro), incaricate di verificare eventuali danni ambientali, hanno depositato in procura una relazione che conferma la totale assenza di sostanze inquinanti e radioattive sul territorio, sintomo di come non vi sia stata dispersione di scorie durante il tragitto.

Sarebbe bello capire (questo un primo punto di criticità) quali dati ha fornito l’Arpab, se suoi o se quelli che la Sogin è solita fornire.

C’è stata una mezza risposta anche da parte del sottosegretario agli Interni Filippo Bubbico (Pd), lucano di nascita, sui rischi annessi e sul coinvolgimento del Viminale nel trasferimento:

“L’operazione di trasferimento di materiali radioattivi (nitrito di uranile) da Rotondella a Gioia Del Colle condotta nella notte tra domenica e lunedì è in capo ai ministero dello Sviluppo economico, da cui dipende la controllata Sogin Spa, e del ministero dell’Ambiente. […] Gli Usa si debbono riprendere le barre. Al più presto. Ma se quando si comincia a fare una operazione di questo genere montiamo tutto questo caos agevoliamo o complichiamo l’operazione barre di Elk River negli States?”

Se è vero che la “riservatezza” di certe operazioni serve a garantirne anche i requisiti minimi di sicurezza, altrettanto vero è che la popolazione va messa a conoscenza dei rischi connessi allo stoccaggio ed al trasporto di materiali pericolosi e radioattivi, di cui la piana di Metaponto è piena (come spiegato poco fa): la totale assenza di informazioni anche agli amministratori locali (persino la Regione sostiene di non essere stata avvertita) è, di fatto, una violazione grave dell’einaudiano principio “conoscere per deliberare”. A Rotondella non esiste nemmeno un piano di evacuazione, come si fa dunque a parlare di sicurezza in un contesto in cui, in caso di incidente, l’unica conseguenza sarebbe un disastro ambientale e civile?

Altro capitolo critico è il trasporto di questo materiale: il ponte aereo Italia-Usa su cui ha viaggiato il materiale pericoloso non è certamente il miglior modo per “restituire” agli amici americani i rifiuti nucleari custoditi per conto loro. Una serie di scelte poco trasparenti che si contestualizzano in una situazione in cui i monitoraggi ambientali vengono effettuati dall’ente controllato e controllore. Sarà il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando davanti alla commissione Ambiente della Camera a rispondere alle interrogazioni presentate sulla vicenda da quasi tutti i gruppi politici.

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