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Agricoltura

Olio di palma, la Malesia denunciata dagli Usa per sfruttamento del lavoro minorile

L’industria malese dell’olio di palma è stata denunciata dal Dipartimento del lavoro egli Stati Uniti per l’utilizzo di lavoro minorile e lavoro forzato dopo i dossier sui settori dell’elettronica e abbigliamento

La Malesia è al centro delle indagini dello ILAB, l’ufficio del lavoro per gli affari internazionali degli Stati Uniti che ha provveduto a rilasciare la relazione semestrale List of Goods Produced by Child Labor or Forced Labor in cui viene denunciato che l’olio di palma è ottenuto dallo sfruttamento del lavoro minorile.

A essere indagata dunque anche l’industria alimentare malese dopo i settori dell’elettronica e abbigliamento accusati di sfruttare il lavoro minorile e di usare lavoro forzato. Il report presentato dallo Bureau of International Labour Affairs (ILAB) è alla sua sesta edizione e richiesto dalla legge americana Trafficking Victims Protection Reauthorisation Act (TVPRA) del 2005, nata per monitorare e fornire informazioni sul traffico di esseri umani e lavoro forzato. Parliamo di circa 168 milioni di bambini e di 21 milioni di lavoratori forzati che portano sul mercato globale prodotti di consumo quotidiano.

L’inclusione della Malesia (l’Indonesia era già presente) segue di pochi mesi la pubblicazione del documento Tier 3, il report annuale statunitense sul traffico di esseri umani. In questo documento già si faceva riferimento alla situazione di lavoro forzato a cui erano sottoposti gli stranieri in cerca di lavoro in Malesia.

I minori sfruttati sono tutti bambini al di sotto dei 18 anni perciò definito lavoro minorile mentre il lavoro svolto sotto i 15 anni viene definito schiavitù per fini illeciti e che minaccia la salute, la sicurezza e la morale dei bambini; per lavoro forzato si intende il lavoro che si fa sotto coercizione, forza o frode e include l’uso di minacce o danni fisici reali e abuso di legge.

L’elenco è stato realizzato utilizzando i dati di disponibili pubblicamente e fonti primarie e secondarie tra cui anche dati forniti dall’Organizzazione internazionale del lavoro, visite in loco da parte ILAB e personale del governo americano, così come le informazioni elaborate da istituzioni accademiche e organizzazioni non governative.

Accanto all’olio di palma troviamo anche altri prodotti realizzati con lo sfruttamento del lavoro minorile quali l’abbigliamento dal Bangladesh, cotone e canna da zucchero dall’ India, la vaniglia del Madagascar, il pesce dal Kenya e Yemen e bevande alcoliche, carne, tessile e legname dalla Cambogia.

Ha detto Carol Pier vice sottosegretario del Lavoro per gli affari internazionali:

Il lavoro minorile e il lavoro forzato sono violazioni dei diritti umani fondamentali, e sono anche pratiche commerciali scorrette che soffocano lo sviluppo economico.

In Malesia ci sono ancora due settori in cui i diritti umani sono violati e sono l’elettronica e il tessile/abbigliamento. Con questa relazione la Malaysia rischia di essere messa su una lista nera arrivando a subire pesanti restrizioni economiche.

Via | Today Online

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