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Ponte sullo Stretto, “un’opera necessaria” per l’Anas

Secondo l’AD di Anas Pietro Ciucci il Ponte sullo Stretto di Messina è “un’opera necessaria”: si riapre il dibattito sull’opera pubblica più discussa d’Italia?

Nemmeno il tempo di veder cambiare ministro allo Sviluppo economico che ecco riaprirsi il grande caso nazionale sul Ponte sullo Stretto di Messina: questa volta è l’AD di Anas Pietro Ciucci a spezzare una lancia per la grande opera più controversa e costosa della storia repubblicana, quell’opera lunga 3.3km che dovrebbe unire Scilla e Cariddi e portando la Sicilia direttamente in Europa. Questo negli slogan propagandistici.

Dal 1971, anno in cui fu creata la Società Stretto di Messina, è stata spesa una cifra compresa tra i 270milioni di euro ed i 400milioni (sul dato definitivo c’è un lungo e travagliato dibattito in corso), soldi spesi senza che sia stata posata una sola pietra.

Oggi, grazie ai colleghi di Autoblog siamo venuti a conoscenza dell’uscita poco felice di Ciucci, il quale è anche ex amministratore della società Ponte sullo Stretto (attualmente in liquidazione), in virtù del decreto di scioglimento firmato tra gli ultimi atti dell’ex ministro dell’Economia Vittorio Grilli.

Con il tramonto dei visionari governi Berlusconi infatti sembrava giunta al crepuscolo anche l’ipotesi di realizzare quest’opera mastodontica, sulla quale si sono espressi contrariamente un po’ tutti i soggetti autorevoli in materia: dall’Unione europea alla Corte dei Conti, passando per il parere meno istituzionale delle associazioni ambientaliste, erano rimasti in pochi a sostenere l’utilità e la sostenibilità (economica ed ambientale) di quell’opera.

Secondo l’AD di Anas il problema è di natura puramente logistica e riguarda il corridoio Helsinky-LaValletta (Finlandia-Malta), impensabile senza un collegamento stradale da Napoli verso sud; se la Commissione europea indica come prioritarie e predefinite le ferrovie Napoli-Reggio Calabria e Messina-Palermo, e successivamente via mare da Palermo a La Valletta. Secondo Ciucci però non c’è alcuna specifica su come collegare la Sicilia (che è un’isola) e la Calabria: 3,3km di “buco”.

Nonostante il Piano di investimenti dell’Unione europea al 2020 non preveda, nelle sue 20 priorità, nessun ponte tra Scilla e Cariddi, la posizione dell’AD di Anas è piuttosto chiara: [

…] rimane quindi la necessità di un ponte sullo Stretto: ferroviario ma anche stradale. Il progetto consiste di un ponte misto e lungo su una distanza di 3,33 chilometri tra i due piloni principali sullo stretto di Messina che collegherà l’isola più popolata del Mediterraneo (cinque milioni di abitanti) al resto dell’Europa. Questo collegamento rappresenterà un caposaldo infrastrutturale per l’Europa le cui dimensioni sono paragonabili a quelle del ponte Oresund.

ha affermato Pietro Ciucci, il quale si è anche prodigato in merito al finanziamento dell’opera, una questione forse ben più spinosa dell’opera stessa: lo stesso Piano economico-finanziario dell’opera infatti non prevede investimenti europei, ma nonostante questo Ciucci insiste sulla necessità (che dalle sue parole è del tutto politica) dell’opera, un’ipotesi sposata in toto dal Presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti:

Fa bene Ciucci a ricordare che senza l’opera viene meno il corridoio Helsinky – La Valletta, a questa riflessione io sottolineo con forza l’importanza dell’infrastruttura anche per realizzare l’alta velocità in un tracciato completo che va da Nord a Sud dell’Italia.

Collegare la Sicilia e la Calabria: cominciando da Odisseo, chi ha provato a tenere i piedi in entrambe le scarpe ha patito sofferenze indicibili, rischi incredibili, sconfitte tuonanti. Il problema non è il Ponte sullo Stretto: il fatto che in Sicilia i treni (alcuni a diesel, come anche i regionali che collegano Caserta a Napoli) girino su un binario unico a senso alternato, il fatto che da Lagonegro (Pz) a Reggio Calabria la strada non sia un “autostrada” ma una “mulattiera ad alto scorrimento”, il fatto che non esista un controllo capillare sui porti e sulle merci in entrata, che la criminalità organizzata sia infiltrata ovunque e che le ripercussioni sull’ambiente di quell’opera potrebbero superare i fumosi benefici snocciolati nel corso del tempo.

In questo senso non c’è bisogno di essere contrari a quest’opera: è semplicemente un’inevitabile conseguenza.

Via | Autoblog

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