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Cronaca ambientale

Stadio della Roma: dai vincoli idrogeologici al piano regolatore, ecco tutte le criticità

Il nuovo stadio della Roma sorgerà su un’area a edificabilità zero e ad alto rischio idrogeologico

La tutela dell’ambiente non ha partigianerie calcistiche: il nuovo Stadio della Roma, un avveniristico progetto da 60mila posti che entro il 2016 dovrebbe ospitare le partite in casa della A.S. Roma, presentato in pompa magna la settimana scorsa comincia a rivelare le prime criticità.

A dirla tutta noi di Ecoblog ci eravamo occupati in tempi non sospetti dell’ipotesi di costruire tale impianto a Tor di Valle, dove sorge attualmente lo storico ippodromo (divenuto famoso grazie al film “Febbre da cavallo – La Mandrakata”); non staremo qui a ribadire i dubbi (che restano intatti) sul randioso progetto: ci limiteremo ad enunciarli.

Il consumo di suolo (necessario per una nuova opera in cemento) ed il problema mobilità (nell’area di Tor di Valle la mobiltà pubblica è pressoché inesistente) sono aspetti già evidenziati oltre un anno fa, quando il Presidente della A.S. Roma James Pallotta, l’ex-sindaco Gianni Alemanno ed il costruttore Luca Parnasi (di famiglia laziale, perchè il cemento ha un unico colore, il grigio) annunciarono il progetto.

Con buona pace degli architetti Julio Lafuente e Gaetano Rebecchini, che progettarono l’ippodromo da 420.000 m², il galoppatoio verrà abbattuto per fare spazio al nuovo impianto; lo “stadio più bello del mondo” della “squadra più bella del mondo” nella “città più bella del mondo” (come viene descritto dai più) ha in se altri aspetti critici: in primis il vincolo idrogeologico sull’intera ansa del Tevere dove dovrebbe sorgere la struttura (corredata da altre cubature di cemento tra negozi, palestre, museo e quant’altro).

L’area di Tor di Valle, di proprietà di Luca Parnasi (imprenditore 36 enne, in città chiamato “il nuovo Caltagirone”, ideatore e collettore della grande opera Stadio della Roma) è infatti vincolata e a rischio esondazioni: di fatto l’intera area sarebbe inedificabile.

Se poi a questo aggiungiamo le bellissime parole proferite durante l’intera campagna elettorale dal sindaco di Roma Ignazio Marino, che si è lungamente scagliato contro il consumo di suolo e a favore della riqualificazione di ciò che già c’è (a Roma non mancano gli stadi, si pensi allo Stadio Flaminio, in uno stato di abbandono e di degrado assoluto da quando l’Italia del rugby si è trasferita all’Olimpico), storcere il naso diventa un riflesso incondizionato. Tuttavia il raggiro verbale è perennemente in agguato, nel Paese che meglio di altri ha saputo fare tesoro delle teorie di Orwell:

“Il progetto ci permette inoltre di intervenire, portando servizi di mobilità a un intero quadrante della città, ad esempio permettendo di collegare più agevolmente l’Eur con Fiumicino.
Voglio essere chiaro: non si va a costruire su un’area vergine, ma su una zona già urbanizzata, nel pieno rispetto non solo della legge, ma anche dei valori che ci siamo dati per questa amministrazione, di puntare cioè sulla rigenerazione urbana, costruire meglio dove è già stato costruito.”

Parole queste pronunciate dallo stesso Marino proprio il giorno dell’inaugurazione: “rigenerazione urbana” è il termine chiave, così come chiave del ragionamento è l’evidente contraddizione tra la prima e la seconda frase del periodo sopra enunciato.

La certezza è una: secondo il Piano regolatore generale l’area su cui dovrebbe sorgere lo Stadio della Roma è inedificabile.

Le autorizzazioni

A Roma si procede con le nuove opere in cemento fregandosene semplicemente delle normative italiane e comunitarie: i lavori nei cantieri della Metro C proseguono infatti senza alcuna Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), espressamente richiesta dalle normative ma tranquillamente ignorata grazie alla straordinarietà del progetto (una metropolitana!).

Luca Pancalli, assessore capitolino allo Sport, ha spiegato che per il nuovo Stadio della Roma verrà reso disponibile un “nuovo Piano regolatore speciale”, dove il cetriolo (per il cittadino) sta tutto nella parola “speciale”: la Legge di Stabilità prevede restrizioni per la costruzione di nuovi impianti sportivi? E noi andiamo in deroga con un bel progetto speciale, niente di più facile.

Il decreto stadi (approvato dalla compagine governativa capitana da Letta nel dicembre 2013 e che piace tanto al sindaco Marino), che indica la direzione dello stadio di proprietà, garantisce al progetto cubature extra, in particolare accessorie all’impianto: attività commerciali, parcheggi, nuove case, tutto possibile in nome del dio pallone. Mentre però a Palazzo Chigi si approvava il decreto stadi al Campidoglio si votava (e si approvava) la Delibera 70, una sorta di cavallo di Troia per sconfessare ogni promessa elettorale.

La Delibera 70 (approvata da una maggioranza incolore Pd-Pdl) di fatto proroga le “misure anticrisi” pensate e varate per i palazzinari romani dalla precedente amministrazione Alemanno: di fatto la delibera concede di costruire senza doversi necessariamente occupare delle opere di urbanizzazione (primarie, come le reti idriche e le fognature, e secondarie, come il verde pubblico o le scuole).

Se il 27 marzo alle 11 è stato il tempo dei proclami (con la presentazione del progetto) il giorno successivo, 28 marzo alle ore 10, è stato il tempo delle carte bollate: Luca Parnasi è stato infatti al Tribunale di Roma per fornire le garanzie finanziarie sull’acquisto dei terreni di Tor di Valle (ma solo dopo la presentazione ufficiale del progetto), portando in pegno fidejussioni targate Goldman Sachs e Unicredit (azionista di minoranza della società A.S. Roma e principale creditore della stessa, nonchè creditrice nei confronti di Parsitalia, holding facente capo a Parnasi, di circa 200 milioni di euro).

Stadio della Roma, chi paga?

Il capitolo costi è anch’esso interessante: l’unico altro esempio in Italia di stadio di proprietà è quello dello Juventus Stadium di Torino, costato in toto 125 milioni di euro (105 milioni per l’impianto e i beni accessori ed altri 20 per l’acquisto dei terreni dal Comune); a fronte di ciò fa strano quanfiticare in “300 milioni di euro per il solo stadio” i costi dello Stadio della Roma, che diventano (secondo le dichiarazioni ufficiali) 1 miliardo di euro considerando l’intera area. Soldi privati, si continua a ripetere, provenienti dai portafogli di Parnasi, della A.S. Roma ma anche di sponsor quali Nike, Disney, Goldman Sachs, Unicredit ed altri.

I 263 milioni pagati dalla Provincia di Roma a Parsitalia alla fine del 2012 per la nuova sede della Provincia di Roma (che dovrebbe però essere abolita a breve, come tutte le province) sono stati la carta vincente per Parnasi, che è entrato nelle grazie non solo della società A.S. Roma ma anche della sinistra capitolina (in particolare Nicola Zingaretti, Presidente della Regione).

Perchè precisiamo questo? Nessun illecito, per carità, ma bisogna dire chiaramente che non è vero che l’impianto sarà tutto pagato con capitali privati: gli oneri di urbanizzazione infatti sono, per legge, versati per metà dal Comune di Roma. Le infrastrutture attorno allo stadio, detto in parole povere, saranno pagate per metà con i soldi dei contribuenti (che pure ne trarranno vantaggio, visto che ad oggi raggiungere l’ippodromo è praticamente impossibile senza la macchina e buone dosi di pazienza ed orientamento).
Questo però cozza con la soppressione di quattro gare pubbliche per la modernizzazione della ferrovia Roma-Viterbo, senza la quale non ha senso costruire alcunchè in quel settore.

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