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Agricoltura

Cannabis, apre in Salento il primo Cannabis Social Club d’Italia

L’idea è di promuovere l’uso terapeutico della cannabis e dell’autocoltivazione

Il prossimo 29 gennaio a Racale, nel Salento leccese, verrà inaugurato il primo “Cannabis Social Club” (Csc) d’Italia: lo scopo sarà quello di promuovere l’uso terapeutico della cannabis facendo leva sulla legalizzazione dell’autocoltivazione.

Il progetto è stato voluto, cercato e realizzato da Andrea Trisciuoglio e Lucia Spiri, malati di Sclerosi Multipla, membri dell’associazione La pian-Tiamo e consumatori di cannabis ad uso terapeutico, con tutte le difficoltà che questo comporta in Italia; l’obiettivo del Club è decisamente “nobile”:

Il nostro è un progetto semplice e prende esempio dalle realtà sviluppatesi negli ultimi anni in Spagna, in Belgio e ultimamente anche in Francia: creare finalmente un luogo presso il quale, i malati, possano coltivare le loro piante di canapa senza ricorrere al mercato nero.

Per i malati le trafile legali e burocratiche necessarie per avere accesso alla cannabis terapeutica in Italia, cosa comunque prevista dalla legge, costringono troppo spesso gli stessi a rivolgersi al mercato clandestino: agli spacciatori, per intenderci.

Come spiegano Trisciuoglio e Spiri nel comunicato di presentazione del primo CSC d’Italia

Ogni giorno migliaia di malati devono acquistare la canapa che consumano per il proprio benessere da organizzazioni più o meno criminali, con le conseguenze catastrofiche che ben conosciamo. La sola alternativa è coltivare in proprio la canapa che si consuma, ma solo pochi paesi tollerano la coltivazione di qualche pianta

paesi tra cui l’Italia non c’è: la legislazione feroce prevista dalla Fini-Giovanardi non solo proibisce, ma punisce con il carcere chiunque, fosse anche un malato di sclerosi multipla, coltivi piante di cannabis ad uso personale e, nella fattispecie, terapeutico: nonostante la legge italiana preveda l’uso di cannabis terapeutica la stessa legge ne proibisce l’autocoltivazione. Lo spiega molto bene il sito dell’Associazione Luca Coscioni:

L’Italia non vieta l’uso della Cannabis terapeutica per i malati che ne hanno bisogno così come non vieta l’utilizzo della cosiddetta terapia del dolore, nonostante questo sia dal punto di vista burocratico che culturale, il ricorso a queste pratiche vede posizionata l’Italia fra gli ultimi paesi nel mondo.

Il problema sarebbe sul principio se l’approvvigionamento per i malati fosse cosa semplice: se fosse possibile semplicemente recarsi al dispensario e acquistare cannabis esibendo la ricetta medica, come da poco è possibile fare persino in alcuni stati degli Usa, il problema sarebbe appunto solo sul principio; tuttavia i tempi di attesa del farmaco, che deve essere importato con tutte le trafile burocratiche del caso, rendono l’acquisto di cannabis terapeutica complesso e macchinoso, spingendo spesso i malati a rivolgersi al mercato clandestino.

Creare un CSC rappresenterebbe una grandissima attenzione ai vari malati di varie patologie che potrebbero trarre beneficio dall’utilizzo della cannabis. Una novità assoluta nel panorama italiano che vede ancora criminalizzata la pianta dalla quale noi malati otteniamo enormi benefici e che assumiamo quotidianamente come farmaco consegnatoci dalla farmacia dell’ospedale ed importato dalla lontana e “amica” Olanda: il Bedrocan (infiorescenze di cannabis).

Per questo i malati hanno deciso di metterci corpo, mente e faccia: per rivendicare il loro diritto alla libertà terapeutica, che nella fattispecie permette spesso una sostanziale disintossicazione da molte delle terapie farmacologiche associate alla cura di malattie come la SLA o la SM; un diritto che però va sostenuto da tutti perchè riguarda la libertà di tutti.

Per questo al primo Cannabis Social Club d’Italia hanno già aderito alcune personalità di spicco, già sostenitori e fautori di battaglie importanti per la libertà terapeutica e la cannabis terapeutica: dal sindaco di Racale (Le) Donato Metallo a Don Andrea Gallo, dalla deputata radicale Rita Bernardini (la quale per mesi ha coltivato piante di cannabis in casa, mostrandone lo sviluppo grazie a Facebook, distribuendole infine ai malati con un atto di disobbedienza civile davanti alla Camera dei Deputati, come potete vedere in foto) a Mina Welby, fino ai Sud Sound System ed Eugenio Finardi.

Spiri e Trisciuoglio sostengono che la solidarietà a questa loro iniziativa sia dappertutto, come dichiarato a L’Espresso:

ad oggi non ci sono ancora arrivate critiche o minacce anzi, ovunque parliamo della nostra iniziativa raccogliamo sostegno, persino via mail e dall’estero

Un primo passo verso la libertà terapeutica in Italia e la ripresa di una coltura, quella della canapa, fino a qualche decennio fa simbolo del made in Italy?

Foto | Ritabernardini.it

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