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Dalla cicca di sigaretta alla ricostruzione della faccia: cosa si potrà fare con il DNA “abbandonato”?

Un progetto artistico sperimentale sostiene di effettuare ricostruzioni facciali 3D a partire da DNA “abbandonato”, come capelli, cicche, mozziconi; poichè non si tratta di un lavoro scientifico, non ne è chiara l’attendibilità, ma apre comunque scenari inquietanti: quali informazioni ci lasciamo dietro senza saperlo?

Ogni giorno, senza nemmeno pensarci, ci lasciamo dietro innumerevoli tracce di noi stessi: capelli, forfora, frammenti di pelle, cicche o mozziconi di sigaretta su cui rimangono tracce di saliva, in altre parole il nostro DNA.

L’artista americana Dewey-Hagborg  ha sviluppato un progetto  sperimentale e provocatorio: sostiene di avere raccolto capelli e sigarette abbandonati in luoghi pubblici, di avere isolato e fatto sequenziare il DNA e per poi ricostruire  con un apposito software ed una stampante  3D  i volti degli incauti sconosciuti che hanno lasciato in giro le proprie tracce.  Alcuni volti ricostruiti sono mostrati nell’immagine in alto. Altri sono disponibili sul sito Stranger Visions.

Non è dato sapere quanto i volti siano verosimili, dal momento che si tratta appunto di sconosciuti, nè quanto sia al momento attendibile la tecnica di ricostruzione facciale. Secondo uno studio olandese, le prospettive sono incoraggianti, ma le variabili in gioco sono ancora troppe per poter avere una reale ricostruzione  di un volto.

Le prospettiva è comunque allo stesso tempo affascinante e inquietante: se da un lato una tecnica simile potrà fornire alla polizia un identikit preciso di ricercati, dall’altra potrebbe significare la fine della nostra più intima privacy: servizi segreti, assicuratori senza scrupoli o ricattatori potrebbero avere accesso non solo alla nostra faccia, ma a tutto il nostro corredo genetico e a informazioni sulla nostra ascendenza e su possiibli malattie ereditarie.

Sono scenari tipici della SF, basti pensare al film Gattaca, oppure a Mutazione pericolosa di Robert Sawyer, ma si stanno avvicinando alla realtà molto più in fretta di quanto immaginiamo.

Le immagini sono tratte dal sito dello Smithsonian Institute, che applica una politica di “no known copyright restrictions”.

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