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Biometano carburante per veicoli, il Gse lavora alle documentazioni finali

Per il biometano si preannuncia la conclusione dell’iter del riconoscimento di carburante destinato ai veicoli

Biometano: sembra sia sulla buona strada l’iter di riconoscimento per la produzione del biogas agricolo. L’argomento sta a cuore a Coldiretti, che lo sostiene da tempo e a Legambiente che pure fa il tifo. L’annuncio è stato fatto ieri nel corso di Ecomondo. E proprio un mese fa il Cib, Consorzio Italiano Biogas e il Gse il Gestore per i servizi energetici hanno sottoscritto un protocollo di intesa che durerà fino al 2016 per definire e mettere a punto le regole sulla produzione del biometano.

In Italia la produzione di biogas è particolarmente elevata, siamo in questo i primi in Europa e contiamo, per fare un solo eclatante esempio, nella sola provincia di Cremona 144 impianti. Secondo Legambiente con la produzione di biogas potremmo arrivare a soddisfare il 10% del fabbisogno nazionale.

Ma come si arriva al biometano? Alla base di tutto il processo c’è la fermentazione controllata della biomassa negli impianti digestori. Dalla fermentazione indotta dai batteri si ricava biogas che purificato dalla componente di CO2 presente si ottiene biometano CH4 che per qualità è paragonabile al gas naturale. Il biometano può essere così trasportato e immesso nella rete di distribuzione del gas o sfruttato in loco. Restano poi da smaltire i residui (perché ce ne sono) considerati rifiuti speciali.

Bene, ci dobbiamo intendere su però cosa finisce nei biodigestori, ossia cosa si intende a questo punto per biomassa. Nel documento Il biometano fatto bene redatto da Cib, Consorzio italiano biogas e gassificazione, ossia da Agroenergia-Confagricoltura, Aiel, Cia-Confederazione italiana agricoltori, Assogasmetano, Ngv System Italia, Cogena, Crpa, Itabia e Kyoto Club si definiscono appunto le fonti da cui produrre biogas e poi biometano. E si punta a non entrare in competizione con le colture alimentari e i foraggi. Perché non ha senso produrre mais da investire nel biodigestore e andarlo così a sottrarre all’alimentazione umana e agli allevamenti di animali (intensivi sia chiaro).

Quindi si introduce nel documento il ruolo delle biomasse di integrazione, ossia quesgli scarti che non portano reddito e che anzi costituiscono un costo per le imprese agricole e parliamo di effluenti zootecnici, colture di secondo raccolto, sottoprodotti agricoli e agroindustriali.

In tal senso si muovono anche gli incentivi, come spiega Sofia Mannelli presidente di Chimica Verde Bionet:

Intanto però abbiamo ottenuto il decreto, che prevede una durata ventennale degli incentivi e tre sistemi incentivanti. Il primo riguarda l’immissione in rete, il secondo l’autotrazione, il terzo la cogenerazione ad alto rendimento. Per il primo poi, è previsto un ulteriore bonus del 50% qualora la produzione di biometano venga assicurata da soli sottoprodotti e/o rifiuti.

Qui ovviamente il discorso inizia a farsi molto interessante considerate le implicazioni economiche e dunque c’è anche chi contrasta duramente questi impianti perché si sostiene non siano sicuri. Proprio qualche giorno fa a Mantova sono stati versati cinquemila metri cubici di liquami nel fiume Mincio provenienti da un impianto di biogas collegato a un allevamento di suini.

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