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Animali

Elefanti rossi del Kenya salvi anche grazie a Hollywood

Nell’ultimo anno nessun esemplare di elefante del parco di Tsavo è stato ucciso dai bracconieri.

Finalmente una buona notizia arriva dall’Africa, in particolare dal parco di Tsavo, che si trova nel Sud-Est del Kenya ed è famoso per il suo alesaggio incontaminato, la sua terra rossa e i suoi animali, tra i quali gli elefanti, definiti “rossi” proprio perché sporchi della particolare terra del parco. Ebbene quest’anno nessuno degli elefanti è stato ucciso dai bracconieri.

Il merito è della grande attenzione che organizzazioni per la protezione della fauna selvatica come Tsavo Trust hanno attirato in questi ultimi anni, coinvolgendo anche star del cinema internazionale, grazie al cui interesse è stata lanciata una campagna per l’approvazione di una legge che proibisce a chiunque di vendere, importare o possedere con l’intento di venderli prodotti di avorio, avorio, corna di rinoceronti e derivati. Inoltre sono stati raccolti i soldi per installare videocamere e sensori in alcuni punti strategici del parco, in modo da individuare eventuali bracconieri, che solitamente sono disposti a tutto, anche a mettere in pericolo se stessi, per ottenere le zanne degli elefanti.

Tutto è cominciato con Satao, un elefante di 45 anni che l’anno scorso è stato avvelenato dai bracconieri che lo hanno deturpato per strappargli le zanne. Tsavo Trust ha diffuso la notizia e ha svegliato le coscienze, dando il via a questa campagna grazie alla quale quest’anno è possibile non registrare neanche una morte tra gli elefanti del parco a causa del bracconaggio.
Tra gli anni ’60 e gli anni ’80 il numero di esemplari di elefanti nel parco di Tsavo era precipitato da 35mila ad appena 6mila, e anche negli ultimi tre anni si sono registrate 1500 morti per colpa dei bracconieri. Quest’anno finalmente la tendenza si è invertita e gli elefanti stanno bene, ma non bisogna abbassare la guardia, perché sono ancora una specie a rischio e Paesi come Kenya e Camerun continuano a registrare centinaia di perdite ogni anno, nonostante il trattato internazionale che fin dal 1989 vieta il commercio dell’avorio.

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