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Inquinamento

Torino, amianto anche nelle aule di Palazzo Nuovo

L’ente preposto ai controlli non avrebbe segnalato alla Procura molte criticità presenti nella sede universitaria. Intanto emergono dettagli sempre più inquietanti sulla presenza di asbesto nella struttura universitaria torinese

24 Aprile – Omissioni, analisi commissionate ma mai effettuate, obblighi di legge non adempiuti, la relazione degli ispettori del Servizio prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro rivela

la totale assenza di valutazione dei rischi da amianto nei materiali presenti nelle pavimentazioni viniliche, nei mastici dei serramenti, nel coibente cementizio di alcune travature e in altri manufatti.

Avrebbe dovuto essere oggi l’ultimo giorno di chiusura e, quindi, Palazzo Nuovo avrebbe dovuto riaprire il 27 aprile ma non sarà così. Entro 20 giorni l’ateneo dovrà adeguare il documento per la valutazione dei rischi derivanti dalla polvere d’amianto ed entro sessanta dovrà eliminare le fibre pericolose. Se due mesi non fossero sufficienti si potrà concordare una proroga.

In alcune parti (come le scale che conducono al Dams e i laboratori nei piani interrati) la situazione è critica, ma l’amianto è stato trovato anche sotto una fila di sedie in un’aula del primo piano nella quale si tengono lezioni. Dopo il ritrovamento delle fibre nel 2013 a opera del Servizio di Tossicologia ed epidemiologia industriale, l’Università non ha agito come avrebbe dovuto o, se lo ha fatto, non ha informato l’autorità giudiziaria. RE anche i lavori fatti in alcuni punti del pavimento sono stati incompleti e raffazzonati: non bonifiche ma rattoppi. E intanto con la chiusura dell’ateneo resta bloccata anche l’attività. Fino a quando durerà l’emergenza? I più pessimisti prevedono addirittura la chiusura fino a settembre.

20 Aprile – Palazzo Nuovo resta chiuso. La sede delle facoltà umanistiche dell’Ateneo torinese restano chiuse almeno fino al 24 aprile, ma negli scorsi giorni sono trapelate informazioni secondo le quali, per adempiere alle operazioni di bonifica definitiva della storia università del capoluogo piemontese, ci vorranno ben più dei dieci giorni previsti.

L’inchiesta della Procura di Torino che ha portato alla chiusura di Palazzo Nuovo potrebbe infatti allargarsi all’Arpa ovverosia all’ente autorizzato a verificare che l’amianto all’interno dell’ateneo venisse smantellato, cosa che non è avvenuta o, meglio, non totalmente.

L’Arpa aveva siglato un accordo decisamente oneroso con l’Università: una consulenza da 500mila euro per compiere un monitoraggio delle strutture e capire dove e come intervenire. Dalle indagini sarebbe emerso come l’agenzia abbia “dimenticato” di segnalare alla procura molte criticità. Formalmente l’Arpa agisce con un ruolo super partes di polizia giudiziaria e ha l’obbligo di inviare le segnalazioni su eventuali anomalie allo Spresal (Servizio per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Asl 1) e alla Procura di Torino. Un’incombenza ancor più vincolante se si tratta di un ambiente condiviso da 16mila persone.

A quanto risulta dai primi controlli di documenti l’Arpa, nel suo anno di tutoraggio alla messa in sicurezza dell’edificio avrebbe messo il “silenziatore” alla presenza di amianto nell’edificio e solamente un errore avrebbe fatto sì che, qualche giorno fa, un campione prelevato nell’impianto d’aerazione di Palazzo Nuovo e contenente asbesto arrivasse nell’ufficio dello Spresal.

Gli inquirenti si stanno chiedendo se pericoli siano stati evidenziati anche prima che il campione incriminato arrivasse all’Arpa. Vista l’entità non indifferente dell’accordo economico con Arpa i punti interrogativi restano parecchi. Uno dei possibili scenari futuri potrebbe essere l’estensione delle indagini a coloro che pur avendo ricevuto i dati sull’amianto non hanno messo in atto alcuna operazione per proteggere le persone esposte.

L’ultima grande ristrutturazione dell’edificio – costata 17 milioni di euro – sembrava avere eliminato definitivamente il problema dell’amianto che ha portato alla chiusura degli scorsi giorni.

Via | Repubblica

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